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La Lega «fedele» ma si tiene pronta al dopo

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2011 alle ore 07:44.

In una delle giornate più drammatiche per Silvio Berlusconi, la Lega continua a stargli accanto. Per il momento la spina non viene staccata ma è – appunto – una decisione che vale per l'oggi. Perchè sul dopo-Berlusconi – che sia tra un mese o tra un anno – si comincia già a ragionare. E un segno è stata l'intervista a Pierluigi Bersani pubblicata da La Padania, quotidiano leghista, in cui il segretario Pd apre sul federalismo e sul partito di Bossi. Piccoli semi piantati nel campo avverso visto che il Carroccio dà per scontato che si è aperta la fase del post-berlusconismo e che è imprevedibile cosa ne sarà del Pdl. Dunque, si cominciano a immaginare scenari nuovi che possono essere solo con il Pd – in alternativa al Pdl – data l'incompatibilità con l'Udc e con il partito di Fini. Ma queste sono proiezioni future, per non restare spiazzati dal declino berlusconiano, intanto conta l'oggi. E l'oggi è fatto di federalismo fiscale, l'unica bandiera a cui la Lega deve immolarsi.

E dunque ieri, mentre finiva la riunione in via Bellerio e Umberto Bossi si allontanava senza rilasciare dichiarazioni, a Roma il gruppo parlamentare faceva quadrato sul Governo. «Ciò che conta per noi adesso è portare a casa il federalismo fiscale. A votarlo è solo il Pdl per cui si va avanti con loro. I magistrati? Credo che si possa vedere una certa persecuzione nei confronti del premier dopo la delibera del Parlamento di due settimane fa contro l'autorizzazione a procedere e la richiesta di rito abbreviato». Marco Reguzzoni, capogruppo dei deputati leghisti, ragionava così ieri in Translantico. Insomma, sangue freddo. Al Senato, si sentiva lo stesso messaggio dal capogruppo legista, Federico Bricolo: «Se con l'accanimento giudiziario contro Berlusconi, qualche magistrato pensa anche di indebolire il Governo si sbaglia di grosso: la prossima settimana in Senato affronteremo il federalismo municipale con una maggioranza unita».

Ecco l'urgenza e la ragione del sostegno al premier: far passare il federalismo ora che si è arrivati a ridosso dell'approvazione dei decreti. Ma cresce l'inquietudine in casa legista. Giacomo Stucchi, deputato di Bergamo molto vicino sia a Roberto Calderoli che Roberto Maroni, ammetteva che «c'è una legittima preoccupazione ma senza eccessi». La Lega sa che in questo momento non può sbagliare una mossa. «Non c'è panico – insisteva Stucchi – e ogni richiesta di un passo indietro fatta in questo momento al premier, come fa Bersani, è in contrasto con la presunzione di innocenza che va riconosciuta a tutti. Detto questo non ci mettiamo a sparare contro la magistratura». Quello che è inderogabile «è portare a casa il federalismo» ma quello che non si può immaginare è una Lega che si faccia trascinare in un conflitto con la magistratura o con il Quirinale.

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Tags Correlati: Federico Bricolo | Gianfranco Fini | Lega | Marco Reguzzoni | Matteo Salvini | Partiti politici | Pd | PDL | Presidenza della Repubblica | Radio Padania Libera | Roberto Calderoli | Roberto Maroni | Senato | Silvio Berlusconi | Udc

 

Se muore Sansone-Berlusconi i leghisti non vogliono fare i filistei e dunque cominciano a tenersi una mano libera per precostituirsi l'exit strategy. «Il dopo Berlusconi? Come ha detto giustamente Maroni se ne farà carico lo stesso premier. Quello che non sappiamo è se sarà tra un mese, tre mesi o due anni». Il punto è proprio l'incertezza sul quando e sul come ma il declino viene dato per scontato. Il dilemma è cosa accadrà del centro-destra senza il Cavaliere. Di qui le prime manovre, inaugurate da Maroni già qualche settimana fa, per aprire un ponte con i Democratici. Ed è in questo quadro che va letta l'intervista a Bersani e non importa se ieri a Radio Padania ci sia stato un coro di critiche dai militanti leghisti al grido «mai con i comunisti». Lo stesso direttore Matteo Salvini, europarlamentare, raffreddava gli animi: «Vale il principio di Miglio e Bossi: pur di arrivare al federalismo si fanno gli accordi anche col diavolo». E lo stesso realismo si sentiva da Giacomo Stucchi: «Sul piano politico, il fatto che il segretario del Pd abbia proposto un patto sul federalismo impegnandosi a dialogare con la Lega non deve costituire oggetto di scandalo». I giochi sul post-berlusconismo sono aperti, la domanda è quale ruolo giocherà Giulio Tremonti.

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