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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 14:04.

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Da colomba ad aquila: ecco chi è Pasquale Viespoli il beneventano doc che ora critica duramente Fini (LaPresse)Da colomba ad aquila: ecco chi è Pasquale Viespoli il beneventano doc che ora critica duramente Fini (LaPresse)

L'ironia non gli fa certo difetto. «Io sono una colomba fino a un certo punto, perché ho un problema di sopravvivenza: mi chiamo Pasquale, mi dicono che sono una colomba, e quindi sono una "colomba pasquale" con tutti i rischi del caso». Rischi che, a ben guardare, sono ora sotto gli occhi di tutti. Perché Pasquale Viespoli, classe 1955, beneventano doc e una vita a destra, prima all'ombra della fiamma e poi dentro Alleanza nazionale, non riesce a tenere più a bada la sua insofferenza verso le ultime scelte di Gianfranco Fini. Che hanno già fatto deflagrare quel gruppo al Senato che l'ex sottosegretario al Welfare ha cercato faticosamente di tenere unito.

Da colomba ad aquila: dopo Milano Fini ha lavorato per dividere
Ma la sua ostinazione non è bastata. Così dopo il piemontese Giuseppe Menardi, che mercoledì sera ha annunciato l'addio a Fli, altri senatori sono sul piede di guerra in polemica con la scelta di Fini di nominare Italo Bocchino vicepresidente del nuovo partito e soprattutto con la possibile deriva a sinistra della barca futurista. Lui, dirigente di banca prestato alla politica, non le ha certo mandate a dire al capo. «Non voglio essere né falco né colomba: voglio essere aquila», ammise un po' di tempo fa ai microfoni di una trasmissione radiofonica. E, in effetti, Viespoli ha tirato fuori gli artigli. «Fini a Milano - ammise l'ex sottosegretario all'indomani dell'assemblea costituente (guarda la gallery del congresso) - ha lavorato per dividere e non per unire». E detto da uno che si è sempre speso per il dialogo in politica suona come l'annuncio di un addio imminente.

L'uno due delle dimissioni e della rielezione
Anche perché Viespoli ha fatto chiaramente capire che ormai si sente un marziano in casa futurista. Così due giorni fa ha scelto di dimettersi da capogruppo al Senato, dove era stato riconfermato proprio da Fini dopo l'assemblea costituente, per marcare la sua autonomia rispetto al leader di Fli. Salvo incassare subito dopo la rielezione da parte degli stessi senatori. Lui ha ringraziato assicurando il massimo impegno per quella che considera la sua battaglia principe: lottare perché Fli non si lasci incantare dalle sirene del centro-sinistra. Per questo non è entrato nell'ufficio di presidenza del nuovo partito.

Stimato da Sacconi e dal premier
Insomma, Viespoli proverà fino alla fine ad evitare che i futuristi finiscano al rimorchio di Casini e della sinistra. Ribadendo quella linea moderata che gli ha guadagnato molti consensi. Tanto che, quando abbandonò la carica di sottosegretario con gli altri finiani presenti nell'esecutivo, incassò un attimo dopo l'endorsement del ministro Maurizio Sacconi. «È un bravissimo sottosegretario e penso che lo sarà anche come capogruppo, è una persona adorabile, con la quale ho lavorato bene». Uno spot in piena regola per Viespoli che dentro il Pdl ha anche altri amici e sostenitori, compreso Berlusconi. Che ha apprezzato la pacatezza del senatore anche quando i cronisti cercarono di punzecchiarlo sulle vicende del premier. «Il bunga bunga? Io sono un uomo di parlamento e mi limito ai riti istituzionali- fu la replica di Viespoli - anche perché ero convinto che bunga bunga fosse solo una versione dialettica del bongo bongo».

Dal municipio di Benevento al governo Berlusconi
Prudente e dotato di un sense of humour, dunque, l'ex sottosegretario. Che, non a caso, nei giorni più tesi del confronto tra Berlusconi e Fini fu avvistato ad Arcore, insieme all'ex finiano Silvano Moffa, dove si era recato per tentare una mediazione last minute. Il Cavaliere insomma lo stima e lo ha rimarcato anche dopo l'intervento dell'ex sottosegretario al Senato nel giorno della fiducia al governo. «Viespoli e Bocchino, due discorsi opposti! Come fanno a stare nello stesso partito», fu il messaggio recapitato in aula a Fabrizio Cicchitto e vergato da Berlusconi in persona. Che lo aveva voluto sottosegretario già nel 2001 quando approdò per la prima volta alla Camera dopo essere stato sindaco della sua Benevento, eletto nel 1993 con una lista e con un sostegno bulgaro: il 72% dei voti. Un campione di consensi anche sul territorio.

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