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Caso Ruby, i legali del premier puntano tutto sul conflitto di attribuzioni

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 17:58.

Tribunale dei ministri o tribunale ordinario? Dopo l'ok del giudice per le indagini preliminari Cristina di Censo alla richiesta di giudizio immediato per Silvio Berlusconi avanzata dalla procura di Milano, la linea dei difensori del premier resta su questioni procedurali. Lo ha ribadito Piero Longo, difensore di Silvio Berlusconi insieme con Nicolò Ghedini, in un'intervista al Mattino di Napoli.

Fonti Consulta: sulle questioni di giurisdizione decide la Cassazione (e non la Corte costituzionale)

«Il Parlamento ha già detto che la competenza é del Tribunale dei ministri» ha ricordato il legale precisando tuttavia che «non spetta a noi» sollevare il conflitto di competenza davanti alla Corte costituzionale ma «al Parlamento che ha detto che la competenza é del Tribunale dei ministri. E l'aula parlamentare non l'ha solo detto , ma anche votato». Il riferimento - si ricorda - è al reato più grave (quello di concussione) che per la Procura si è concretizzato con la telefonata fatta dal premier alla questura di Milano per chiedere il rilascio e l'affidamento alla consigliera regionale Nicole Minetti dell'allora minorenne Karima El Marough (Ruby).

Per capire se il reato è ministeriale o no è centrale capire se si è trattato di abuso delle funzioni o abuso della qualità di pubblico ufficiale. A questo punto è dedicato ampio spazio nel decreto di giudizio immediato disposto dal gip. Se Berlusconi avesse abusato delle sue funzioni allora avrebbe dovuto essere processato dal tribunale dei ministri. L'opinione del gip al contrario è che Berlusconi abbia abusato della qualità di pubblico ufficiale «al di fuori di qualsivoglia prerogativa istituzionale e funzionale propria del presidente del Consiglio dei Ministri». Per questa ragione quindi dovrebbe essere giudicato dal tribunale ordinario.

Il giudice cita l'articolo 96 della Costituzione, come sostituito dalla legge costituzionale del 16-01-1989, e varie sentenze della Cassazione per provare quanto sostiene. Secondo la Carta il premier e i ministri devono essere processati davanti al tribunale dei ministri per i reati commessi «nell'esercizio delle loro funzioni». Quest'ultimo aspetto, scrive il gip, è stato esplicitato in diverse sentenze della Consulta. La prima (n. 3025 del 6 agosto 1992) stabilisce che un reato ministeriale è tale se commesso «nell'ambito di atti e provvedimenti posti in essere nell'espletamento dei compiti attribuiti dalla legge al ministro».

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Tags Correlati: Corte Costituzionale | Corte di Cassazione | Fonti Consulta | Governo | Karima El Marough | Milano | Nicole Minetti | Nicolò Ghedini | Piero Longo | Ruby Caso | Silvio Berlusconi |

 

In altre pronunce si fa riferimento alla «competenza funzionale del soggetto» come aspetto determinante per capire se il reato sia commesso «nell'esercizio delle funzioni» come previsto dalla Costituzione. Questo aspetto si esplicita in due circostanze: «la particolare qualificazione soggettiva dell'autore del reato nel momento in cui questo è commesso» e il rapporto di connessione tra «la condotta integratrice dell'illecito» e «le funzioni esercitate dal ministro». L'opinione del gip è che questa connessione non ci sia. Non risulta, si legge nel decreto, che il presidente del Consiglio abbia competenze in materia di «identificazione e affidamento di minori» nè, più in generale questi dispone di «poteri di intervento gerarchico nei confronti dell'autorità».

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