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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 20:48.
L'idea che la legge sulle quote rosa nei consigli di amministrazione (già approvata alla Camera e ora in discussione al Senato) possa venire 'annacquata' sta sollevando una serie di polemiche e nel Pdl ha provocato un'aspra discussione tra uomini e donne, con posizioni diverse sulla questione. Il provvedimento è stato approvato alla Camera con un sì bipartisan in sede legislativa e ora è all'esame della commissione Finanze del Senato. Introduce l'obbligo che in ogni consiglio di amministrazione ci sia almeno un terzo di donne, pena la sua decadenza. Sulla proposta, nei giorni scorsi, Abi, Ania e Confindustria sono intervenute con una lettera al presidente della commissione Finanze, Mario Baldassarri, chiedendo gradualità nell'applicazione delle quote rosa. La richiesta è stata recepita in alcuni emendamenti presentati dal Pdl (più uno presentato da Idv) ma la scelta non è stata vista di buon occhio da numerose donne del partito.
I senatori Pd Marilena Adamo, Maria Fortuna Incostante e Stefano Ceccanti della commissione affari costituzionali sottolineano che la legge, uscita all'unanimità dalla Camera, «ha subito una battuta d'arresto al senato, (doveva essere approvata già mercoledì), a causa delle forti resistenze di parte degli uomini del Pdl, che, forse su pressioni di potentati esterni, utilizzano argomenti infondati dal punto di vista costituzionale. Non ci sono controindicazioni di questa natura anche con riferimento alla normativa europea».
La discussione, naturalmente, arriva oltre il mondo della politica.
Favorevole alle quote è Bianca Beccalli, sociologa, docente dell'Università di Milano, (firmataria di un appello per l'approvazione del ddl) «perché sono un rimedio alle discriminazioni passate, ma anche un meccanismo di promozione dell'eguaglianza e della parità e costituiscono un bene per la società e l'economia». Le quote, dice Beccalli «servono alle donne che hanno diritto di essere riconosciute e servono ai meccanismi nei quali le donne arrivano, perché impediscono uno spreco di talenti e di risorse». Se in politica possono esistere alcune criticità «perché c'è il problema del diritto del cittadino a scegliere chi vuole», in economia «non esiste alcuna obiezione di principio, se non quella di logiche corporative, di chi vuole difendere posizioni costituite».