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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2011 alle ore 18:29.
In Occidente sembra che molti siano più che altro preoccupati delle sorti del Gran Premio del Bahrain, in programma il 13 marzo prossimo nello Stato del Golfo, come gara d'apertura del Mondiale 2011 di Formula 1. Ma quello che in questi giorni sta avvenendo nel piccolo arcipelago al largo del Qatar e dell'Arabia Saudita, trentatré isole con una superficie totale di 741 km quadrati (poco più del triplo dell'isola d'Elba), ha una portata che travalica di molto l'ansia degli appassionati per il Gp, sulle cui sorti si è peraltro detto ottimista il boss del circo automobilistico Bernie Ecclestone intervistato dalla Bbc.
Il sisma di proteste antiregime che ha avuto i suoi epicentri in Tunisia e in Egittoe che si è esteso anche in altri paesi arabi, coinvolge da qualche giorno anche il Bahrain. I primi raggruppamenti di manifestanti si sono visti il 14 febbraio e si sono andati rapidamente diffondendo e ingrandendo. Finché, sul modello della cairota piazza Tahrir, una grande folla si è installata in una rotonda della capitale Manama, Pearl Square. Ruvidissima è stata la reazione del governo. Ieri le forze di sicurezza hanno duramente attaccato i manifestanti, causando cinque morti e decine di feriti, alcuni dei quali gravi. I disordini non si sono fermati e i funerali delle vittime sono occasione di nuove proteste ad alta infiammabilità.
Il dissenso che riempie le strade di Manama è diretto verso il governo e verso il capo dello stato, il sessantunenne re Hamad ibn Isa al Khalifa, la cui famiglia domina il paese da fine Settecento. Ma la situazione del Bahrein ha tratti specifici che la distinguono da quella della Tunisia, dell'Egitto e di altri paesi a cui si è esteso il malessere esploso nel Maghreb. Certo, anche nell'arcipelago del Golfo Persico i manifestanti chiedono maggiore democrazia e ampie riforme di un sistema politico che è stato modificato, molto timidamente, nel 2002. Da allora, a fronte di una Camera alta, di nomina regia, c'è una Camera bassa elettiva, ma i suoi poteri sono limitatissimi e il passaggio dalla monarchia assoluta a quella costituzionale, avvenuto appunto una decina di anni fa, a seguito di altre sollevazioni popolari, è stato più che altro formale. Il re e la sua famiglia continuano a mantenere il completo controllo del paese.