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Notizie Medio Oriente e Africa

Massacro in Libia, più di 80 morti

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2011 alle ore 08:12.

In un controverso vertice del G-8 all'Aquila Gheddafi era seduto avvolto in un tradizionale bournous marrone accanto a Berlusconi e a Obama. Il presidente americano non gli rivolse la parola se non per un frettoloso saluto ma il Colonnello venne comunque fatto accomodare con i grandi della Terra: era il leader bizzarro di un paese nevrotico, con un sanguinoso passato terroristico, ma stabile. Un affidabile fornitore di petrolio, guadagnato da tempo alla causa della lotta l'islamismo.
Le notizie che arrivano dalla Libia mostrano una realtà ben diversa e di grande incertezza: le vittime degli scontri negli ultimi giorni sarebbero 84, secondo il bilancio di Human Rights Watch che cita fonti mediche e di residenti, oltre 100 secondo esponenti dell'opposizione in esilio, citati dalla rete britannica Sky News,che parla di un migliaio di feriti
L'epicentro della rivolta anti-Gheddafi è la Cirenaica con la sua capitale Bengasi. All'ospedale di Al Jala sono stati trasportati 34 corpi di vittime negli scontri. «Abbiamo chiesto a tutti i presidi sanitari di procurare sangue per le trasfusioni: le corsie sono piene di feriti. Qui non abbiamo mai visto niente di simile prima», è la testimonianza di un medico. Ancora più drammatico il bilancio di al-Jazeera: le forze della sicurezza a Bengasi hanno ucciso almeno 70 persone, 15, sempre secondo l'emittente, mentre prendevano parte a un corteo funebre. Il medico Wuwufaq al-Zuwail ha aggiunto che le milizie di Gheddafi hanno impedito alle ambulanze di recarsi nei luoghi delle proteste.
L'ampiezza della rivolta e la violenza degli scontri non hanno precedenti nel regime del Colonnello. I dimostranti chiedono le sue dimissioni e a Bengasi hanno attaccato un edificio utilizzato per le visite del leader. Le forze di sicurezza sono intervenute per liberare dei rappresentanti dei comitati popolari pro-Gheddafi. Ancora una volta vengono presi di mira i simboli del regime: ad Al Dayda un video mostra dei corpi accatastati nell'obitorio e dei dimostranti che abbattono un monumento al Libro Verde, il pilastro ideologico di Gheddafi che lui stesso definì senza imbarazzo la «terza teoria universale», una soluzione finale ai problemi del mondo che si contrapponeva sia al comunismo che al capitalismo.

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Tags Correlati: Africa | Al Jazeera | Forze Armate | G8 di Genova | Gheddafi | Human Rights Watch | Seif Islam | SKY | Wuwufaq Al-Zuwail

 

Rivolte di piazza sono segnalate a Beida, Ajdabya, Zawya e Derna: è la fascia costiera lungo la direttrice che porta Bengasi dove da qualche giorno l'aereoporto è chiuso - pare che sia occupato dall'opposizione - e le vie di accesso bloccate. A Derna, dove negli anni 90 ci fu una rivolta islamica e un attentato contro Gheddafi, la protesta è dilagante: secondo Oea, sito online di Seif Islam, uno dei figli del Colonnello, sono stati linciati due agenti.
«Le autorità libiche devono porre fine immediatamente agli attacchi contro i manifestanti pacifici e proteggerli da gruppi antigovernativi», si legge in un comunicato di Human Rights Watch. Quali siano questi gruppi anti-governativi non è chiaro: a quanto pare il regime sta impiegando nella repressione della rivolta soprattutto le milizie e non l'esercito. Forse anche gruppi di agenti provocatori: si è già verificato in passato. In alcune situazioni, come a Bengasi, viene segnalata la presenza di mercenari stranieri, notizia senza conferme ma non da escludere: il regime libico ha foraggiato per decenni le guerriglie di mezza Africa.
Gheddafi non si è mai fidato troppo delle forze armate che comunque sono un'istituzione nazionale, forse l'unica davvero tale, che arruola militari di provenienze diverse, ovviamente anche dalla Cirenaica. I soldati, secondo fonti locali, sarebbero passati in alcune aree dalla parte della rivolta.
Il leader libico ha sempre preferito puntare sulle milizie dei comitati popolari e sulle guardie pretoriane reclutate sulla base della fedeltà alla tribù e al clan del Colonnello. Insieme alla presenza pervasiva dei servizi segreti, questo sistema gli ha consentito di avere una macchina repressiva sotto il suo diretto controllo. Con un difetto: i pretoriani vengono percepiti come un corpo estraneo in Cirenaica, storicamente diffidente nei confronti del governo di Tripoli.
È stata chiusa internet ma in questo regime la censura è la regola: piuttosto fanno sorridere con una certa amarezza le sortite riformiste di Seif Islam, dottore della London School of Economics, che voleva importare in Libia ricette liberali decisamente in rotta di collisione con le raffinate "teorie universali" del padre.
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