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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2011 alle ore 17:58.

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Abdelaziz BouteflikaAbdelaziz Bouteflika

A partire da gennaio, l'Algeria ha assistito a varie proteste antigovernative che hanno portato in superficie il malessere che da tempo sobbolle nel più vasto paese del Maghreb. I principali motivi di malcontento sono la disoccupazione e la corruzione diffuse, l'aumento dei prezzi per i beni di prima necessità e il persistere di pratiche di governo autoritarie.

Nel mese di gennaio, alcuni algerini si sono autoimmolati, a imitazione del tunisino Mohamed Bouazizi che, dandosi fuoco, aveva innescato la rivolta popolare nel suo paese. Il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, al potere dal 1999, ha cercato di calmare gli animi revocando lo stato di emergenza in vigore da 19 anni. Secondo molti osservatori si tratta di una manovra più che altro simbolica. Nonostante rimanga vigente il divieto di manifestazioni, nelle ultime settimane di febbraio e nei primi giorni di marzo gruppi di dimostranti scendono in piazza in ripetute occasioni, controllati da consistenti dispiegamenti delle forze di sicurezza. Il 5 marzo uno dei leader dell'opposizione, il capo del partito Raggruppamento per la cultura e la democrazia, Said Sadi (che fa parte del Coordinamento per la democrazia e il cambio, il movimento che guida le proteste), è aggredito da contromanifestanti lealisti. Il 7 marzo scendono in piazza, nonostante i divieti, migliaia di agenti della polizia locale, che chiedono stipendi migliori.

La loro manifestazione, altrettanto numerosa, viene replicata il 3 aprile. Si susseguono altre piccole proteste e sit-in. Il 12 aprile, sfidando un massiccio dispositivo di sicurezza, manifestano nelle strade della capitale alcune migliaia di studenti, che protestano contro il fatto che l'università si sia trasformata in una "fabbrica di disoccupazione". A inizio maggio tentano di sfilare anche gruppi di medici e di operatori della sanità. I disordini nel paese rimangono però più che altro in potenza. Probabilmente ha il suo peso il ricordo dei massacri che sconvolsero l'Algeria negli anni Novanta, nel corso del conflitto stragista e fratricida (circa duecentomila vittime) seguito all'annullamento del risultato di elezioni vinte dal partito islamista Fis. Proprio per allontanare lo spettro di quel periodo sanguinario e per tentare preventivamente una distensione, il presidente Bouteflika a metà maggio annuncia la volontà di scarcerare alcune migliaia di militanti islamisti coinvolti in quegli eventi e ancora detenuti nelle carceri algerine.

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