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A Radio Padania la mobilitazione non finisce mai e tutti (o quasi) possono dire quello che vogliono

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2011 alle ore 18:54.

«Non sottovalutiamo la potenza di questa radio, che in molti spesso vorrebbero denigrare». Il conduttore abbandona il consueto sforzo di ascolto e mediazione degli interventi della "pancia" leghista, e si lascia andare. Il "caso Annunziata" e tutto quel che n'è seguito sono in testa ai commenti che piovono in diretta. «Nulla da dire sulla professionalità dell'Annunziata, ma se quella roba finiva ad Annozero, che cosa sarebbe successo? Quella trasmissione era pericolosa perché sarebbe bastato estrapolare qualcosa per farci dire quello che vogliono».

Milano, via Bellerio. "Radio Padania Libera ascolta la gente e parla con la gente", recita il claim. Ogni giorno quattordici ore di diretta, dalle sei del mattino alle otto di sera, un flusso incredibile di telefonate, circa 400, e trasmissioni che hanno nomi come Onda libera, Che aria tira, Padani nel mondo. Perché sul contatto con la platea si fonda la filosofia (e l'economia) di questa radio, fin dalla sua nascita nell'ottobre del 1990, quando la Lega Lombarda acquistò le frequenze di Radio Varese e copriva solo due province: Varese, appunto, e Como. Oggi secondo Audiradio, la fidelizzazione, cioè il rimanere sintonizzati almeno due ore di fila, è seconda solo a RadioUno. Radio Padania ha 100 mila ascoltatori in dieci province, altrettanti stimati nelle altre 35 dove arriva.

L'indirizzo dell'emittente è lo stesso della segreteria federale, a Milano, e Radio Padania – guardando al contesto nazionale - è una delle due radio comunitarie, quelle che secondo la legge Mammì non hanno scopo di lucro (la pubblicità non può superare il 5% orario) e sono gestite da "fondazioni, associazioni riconosciute e non riconosciute, che siano espressione di particolari istanze culturali, etniche, politiche e religiose, nonché società cooperative… che abbiano per oggetto sociale la realizzazione di un servizio di radiodiffusione sonora a carattere culturale, etnico, politico e religioso". L'altra, con una diffusione ben più capillare, è Radio Maria.

Il 17 dicembre scorso Radio Padania è riuscita ad arrivare nel Salento attraversato da velleità secessioniste. Trasmetteva da Alessano (Lecce), ma il segnale disturbava quello dell'emittente salentina Radio Nice dell'editore Paolo Pagliaro, sullo stesso canale. A gennaio è così arrivato lo stop del ministero dello Sviluppo economico: autorizzazione negata. Ma come ha denunciato lo stesso Pagliaro: «Radio Padania gode del triplice privilegio di acquisire le frequenze in deroga, di avere un contributo annuale da parte del governo, di diventare proprietaria della frequenza trascorsi novanta giorni. Dopo questi novanta giorni, può permutare le proprie frequenze ottenute in deroga con altre frequenze di radio commerciali. Occorre modificare questo privilegio concesso dalla finanziaria Bossi-Berlusconi del 2001».

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Tags Correlati: Ballarò | Confindustria | Igor Iezzi | Lecce | Milano | Ministero dello sviluppo economico | Paolo Pagliaro | Radio 1 | Radio Padania Libera | Rai Tre | Salvini | San Patrizio | Telecomunicazioni

 

"Va' pensiero", Van des Sfroos, telefonate in diretta. "Buona Padania", "Padania Libera", saluta chi interviene. A qualcuno di loro non è andata proprio giù la scelta di negare la co-diretta alla trasmissione "In mezz'ora" di Rai Tre: «Ci lamentiamo sempre che non andiamo alla televisione nazionale. La volta che potevamo far vedere ai comunisti come funzionava, perdiamo l'occasione». Tocca però al conduttore, chiarire la linea: «Salvini (eurodeputato e direttore di Radio Padania, ndr) avrebbe saputo certo calmierare, ma cosa avrebbero mostrato Annozero, Ballarò o i siti di sinistra che estrapolano dei pezzi che fanno loro comodo? Qualcuno vuole creare confusione, e minare le nostre alleanze. Se l'Annunziata vuole venire, lo potrà fare dopo il federalismo. Non è il momento di fare queste cose». Già. «Adesso abbiamo il decreto sul federalismo municipale, bocciato dalla bicamerale».

La situazione sembra di dovuta cautela, segnata però da qualche tensione. Come tre settimane fa, quando in attesa di quel voto sul federalismo municipale via Bellerio aveva «consigliato» a tutte le sezioni sul territorio il silenzio totale. Allestendo a Varese un piccolo coprifuoco padano, nel timore di una possibile trasferta della troupe di Annozero. Bocche cucite, e pazienza. Oggi lo capisce anche la base. «Comunisti e finti leghisti avrebbero telefonato per insultare la Annunziata», «i compagni si erano già iscritti nei forum per parlare», «immaginate se, per come siamo noi bergamaschi, avessimo detto qualche parola di troppo».

Sulle frequenze di Radio Padania la mobilitazione non finisce mai. C'è sempre qualcosa per o contro cui battersi. Ora è il turno della festa dell'unità d'Italia. Saliti al volo sul cavallo della discussione aperta da Confindustria, che proponeva di festeggiare il 17 marzo lavorando, producendo reddito e raccogliendosi attorno alla bandiera nazionale negli uffici e nelle fabbriche, i leghisti cercheranno di aggirare la festività. Brinderanno invece con gli irlandesi a San Patrizio e, il giorno dopo, al ricordo della prima delle Cinque giornate di Milano.

Ha ragione Igor Iezzi, segretario provinciale milanese e conduttore radiofonico, quando dice: «La nostra radio è bella proprio perché chiama chiunque. Siamo l'unica emittente che manda in onda tutto, nemmeno le tv lo fanno, di solito si lascia il numero e si richiama. Per quello i forum sono moderati. Tutti tranne il nostro, dove chiunque può dire quello che vuole». Forse troppo, avranno pensato i vertici del Carroccio.

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