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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2011 alle ore 17:24.
Il consiglio di amministrazione del Secolo d'Italia, quello nominato dai garanti in cui è preponderante la componente ex An del Pdl si è concluso. Ma ancora non è chiaro cosa abbia deciso, ancora non è stato diffuso alcun comunicato. Di fatto è stato sostituito l'amministratore Enzo Raisi e in discussione potrebbe esserci la carica di direttore di Flavia Perina, oggi al gruppo Fli e da sempre vicina a Gianfranco Fini.
Il direttore racconta che, con il condirettore Luciano Lanna e con Annalisa Terranova (capo del politico), al cda ha chiesto che la riunione di oggi si concludesse «con una indicazione chiara sulle intenzioni, soprattutto in ordine al mantenimento dei livelli occupazionali e del progetto». Ora si attende il comunicato, che non è detto però venga diffuso. Gli ex aennini oggi pidiellini potrebbero prendere ancora tempo e aspettare ad uscire davvero allo scoperto. «Dopo quattro mesi di tira e molla, perché questa vicenda si è aperta in settembre - sottolinea Perina - credo debbano chiarire le loro intenzioni, perché questo giornale è un patrimonio storico della destra italiana e non merita tutto ciò».
«Ci hanno detto - prosegue il direttore - che quella odierna era una prima riunione, in realtà sappiamo benissimo che l'iniziativa dei garanti di An nei confronti del giornale comincia da settembre. Perciò sono certa che ora abbiano le idee molto chiare su quello che intendono fare e devono dirlo. Invece vedo una mancanza di coraggio nell'intestarsi parole precise sul destino del Secolo d'Italia che ha 55 anni di storia. Vogliono una nuova direzione? lo dicessero. Vogliono un nuovo progetto editoriale? Dicessero cosa hanno in testa. Anche perché così stanno creando un danno al giornale. Già in settembre-ottobre abbiamo vissuto un momento di crisi in cui sono stati sospesi per un mese gli stipendi e questo ha inciso sui contratti di distribuzione in una fase di fortissimo rilancio del giornale dopo Mirabello, quando aumentavano vendite e abbonamenti. Allora ci siamo dovuti fermare per aspettare le loro decisioni. Adesso è il momento che siano chiari ed espliciti».
Quanto alla tempistica della decisione assunta dai garanti ex An Perina ha pochi dubbi. «Hanno deciso di intervenire in un contesto in cui loro immaginano di poter dare una sorta di spallata finale a un'area che si esprime con libertà nella destra in un contesto che è una specie di guerra senza prigionieri scatenatasi nella politica». Ma il Secolo d'Italia, chiarisce il direttore «non è l'house organ di nessuno, non è l'house organ di Futuro e Libertà, come non lo è stato prima del Pdl. Infatti moltissime delle polemiche giornalistiche che tengono banco tuttora le abbiamo intraprese quando ancora esisteva il Pdl, a partire da quella contro la xenofobia della Lega, fino alla contestazione delle ronde e dell'islamofobia strisciante dentro il Pdl. Sono posizioni giornalistiche che abbiamo assunto quando Futuro e Libertà non esisteva, non esistevano gli strappi di Fini, in tempi non sospetti. A dimostrazione che questo non è un organo di partito come la Pravda, è un giornale libero che ha una sua identità e l'ha sempre espressa, a prescindere da quelle che erano le formule politiche del momento».
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