Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 08:49.
L'ultima modifica è del 23 febbraio 2011 alle ore 06:37.
La guerra civile in Libia dovrebbe consigliare alla politica italiana una risposta coesa, in nome dell'interesse nazionale. È un fatto che la crisi si sta aggravando, soprattutto dopo il discorso televisivo di ieri sera in cui Gheddafi ha incitato i suoi sostenitori a «sterminare» i rivoltosi. Il ministro della Difesa ha annunciato un movimento di navi militari e un ponte aereo per rimpatriare gli italiani. E naturalmente c'è un'inquietudine crescente legata alle migliaia di profughi o migranti di cui si teme l'arrivo.
Rispetto a questo scenario drammatico, la discussione sui media ha riguardato fino a oggi i rapporti personali fra Berlusconi e il dittatore libico, nonché la speciale relazione tra i due culminata nello sfarzo della recente visita in Italia dello stesso Gheddafi. Alcune «gaffe» spettacolari del nostro presidente del Consiglio, come il baciamano all'ospite, hanno fatto il giro della rete, alimentando varie ironie.
Eppure, al netto delle stravaganze berlusconiane, la politica estera italiana verso la Libia non è cambiata granché nel corso degli ultimi decenni. Dai tempi in cui il presidente del Consiglio Bettino Craxi (ministro degli Esteri Giulio Andreotti) avvisò il colonnello dell'imminente bombardamento ordinato da Reagan, fino alla tenda piantata nel 2009 nei giardini di Villa Pamphili, Roma ha sempre cercato di compiacere il vicino libico. Prima per rabbonirlo, poi per aprire importanti canali bilaterali, di tipo economico e commerciale. Enormi e legittimi interessi si sono via via consolidati.
Sotto questo aspetto non c'è grande differenze tra i governi di centrosinistra e di centrodestra. E la prudenza dei giudizi espressi in questi giorni dall'ex premier Romano Prodi lo conferma. A voler essere precisi, gli avversari di Gheddafi in Italia sono stati storicamente pochi: gli esponenti di alcuni partiti laici, quando contavano, e i radicali di Pannella.
Del resto, il «cane rabbioso» di Tripoli, come lo chiamavano gli americani, era tale anche quando spedì due missili contro Lampedusa, a metà degli anni Ottanta. Un colpo di testa la cui pallida eco si è sentita ieri, quando il colonnello ha accusato Italia e Usa di aver fornito razzi di tipo Rpg ai manifestanti di Bengasi. Tutto questo, nel corso degli anni, non ha impedito all'Italia di diventare il più importante partner della Libia, anche e soprattutto nel campo energetico.