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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2011 alle ore 08:08.
BRUXELLES - Sanzioni contro la Libia di Muammar Gheddafi a meno che «non desista immediatamente dall'uso della forza». L'Europa dei 27 ha deciso. «C'è stata una chiara unità di vedute» ha dichiarato uno dei partecipanti al termine della riunione del Copsi, il Comitato europeo politico e di sicurezza, riunito ieri d'urgenza.
Gli esperti nazionali sono già al lavoro per studiare dove colpire il regime nel modo più efficace qualora continuasse a massacrare i suoi cittadini, civili inermi. Già 10.000, sembra, i morti.
Aveva cominciato in mattinata il ministro tedesco degli Esteri Guido Westerwelle a invocare sanzioni per fermare la mattanza. Seguito poco dopo dal presidente francese Nicolas Sarkozy che evocava «la sospensione delle relazioni economiche, commerciali e finanziarie» con la Libia.
Poi anche la Commissione Ue si è implicitamente pronunciata a favore. «Abbiamo analizzato i rapporti di forza tra Ue e Libia, energia in testa. È vero che l'Italia importa il 12% del suo fabbisogno di gas ma è anche vero che l'export di metano di Tripoli verso l'Unione europea rappresenta il 55% del suo Pil» ha detto un suo portavoce. In breve, per l'Europa il gas libico non è essenziale, dunque ricatti impossibili. Ci sono fornitori alternativi. Tra l'altro proprio oggi il premier russo Vladimir Putin sarà a Bruxelles per un vertice con la Commissione Ue.
Tra le possibili sanzioni si parla di embargo sulla vendita di armi, congelamento dei beni libici, restrizioni sui viaggi, creazione di una "no-fly zone", sospensione dei contratti per l'acquisto di petrolio e gas. Tutto da verificare se e quando si dovrà decidere a 27: non sarà facile, infatti, trovare un accordo tra interessi e investimenti nazionali in conflitto tra loro. Essendo molto esposta in Libia, l'Italia come Malta e Cipro, intendono procedere con i piedi di piombo. Tra l'altro la stessa Europa è restia a muoversi prima di aver evacuato i suoi 10mila cittadini che ancora si trovano in Libia. Per evitare di trasformarli in ostaggi. Le operazioni per portarli fuori dal paese sono in corso.
«C'è il rischio di una catastrofe umanitaria» ha avvertito ieri Bruxelles. Molto meno generica e decisamente allarmante la valutazione di Frontex, l'agenzia europea per la protezione delle frontiere Ue: «Le rivolte in Nordafrica potrebbero rovesciare in Europa da 500mila a 1,5 milioni di immigrati, principalmente in Italia, Grecia e Malta, lavoratori provenienti dai paesi sub-sahariani che lavoravano in Libia e Nordafrica».