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Notizie Medio Oriente e Africa

Il rischio più grave è un Afghanistan nel Mediterraneo

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 06:37.

di Khaled Fouad Allam L'effetto domino tanto temuto si sta verificando. Non tutti i casi avranno la stessa risoluzione, perché i contesti storici, socioculturali e politici sono diversi da un paese all'altro, anche se la domanda di democrazia è la stessa dal Cairo a Manama. Ma ci sono paesi che hanno strutture sociali e politiche molto più esposte di altri al rischio della degenerazione e del caos.
Molti esperti ritengono che la Libia rappresenti l'Afghanistan del Mediterraneo; dunque la sua pericolosità è molto maggiore rispetto alla Tunisia. Questo paese durante il periodo ottomano e la colonizzazione italiana ha dato filo da torcere a entrambe le dominazioni, perché la struttura sociale è essenzialmente legata a strutture di tipo clanico e tribale. L'omogeneità sociale della Libia è tuttora scarsa. Durante l'Impero ottomano la stessa dinastia dei Karamanli doveva negoziare con le tribù locali e con l'importante confraternita della Senussia; quella stessa confraternita fondò una specie di stato autonomo nella provincia ottomana di Tripoli.
Etnicamente la Libia costituisce un complesso incrocio di culture arabe, berbere e africane; ciò rappresenta la sua ricchezza ma anche la sua grande debolezza. Storicamente le tribù dell'est del paese sono state spesso discriminate dai diversi poteri che si sono succeduti nella storia di quella regione. La frammentazione tribale spiega in parte la rivalità fra Bengasi e Tripoli. Sono coinvolte le tradizionali assabiyya (spirito di corpo) descritte dal Ibn Khaldun, celebre storico magrebino del XIV secolo; tali forze centrifughe accelerano il processo di decomposizione dello stato. Il rischio di secessione è reale: la città di Tobruk è di fatto autonoma da tre giorni.
La Libia si differenzia dalle altre entità magrebine e mediorientali anche perché le sue culture urbane sono deboli, e il legame sociale è improntato alla consanguineità più che al territorio. Il forte spirito di rivalità tra gruppi si definisce territorialmente; questo spiega perché molti esperti ipotizzino l'evolversi della situazione in due momenti: una guerra civile cui seguirebbe una secessione su basi etniche e tribali.

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Tags Correlati: Afghanistan | Al Qaeda | Aqmi | Bin Laden | Egitto | Europa | Gheddafi | Khaled Fouad Allam | Politica dell'Unione Europea | Senussi | Tripoli | Tunisia

 

Questo rischio è rafforzato dall'assenza nello stato libico di vere e proprie istituzioni; ad esempio il Congresso del popolo non è equiparabile a un'assemblea parlamentare. Nel discorso di ieri sera il colonnello Gheddafi ha usato più volte il termine "rivoluzione" (tawra), perché si richiama a una cultura che paradossalmente considera lo stato come motore della rivoluzione. C'è una specie di "maoismo islamico" e di "cheguevarismo islamico" nello spirito rivoluzionario di Gheddafi.
Inoltre, altro elemento di atipicità del paese rispetto agli altri stati arabo-islamici sunniti, sin dalla sua nascita la Libia di Gheddafi si è emarginata dal resto della comunità islamica, perché accetta il Corano ma rifiuta la tradizione profetica (Sunna) ritenendola l'origine del ritardo delle società musulmane. Ciò spiega come mai egli non sia mai stato ben visto dagli altri regimi arabi.
La posizione geografica della Libia aumenta il rischio di una catastrofe, per due motivi essenziali: il suo estendersi nell'Africa subsahariana ne fa un canale privilegiato per l'immigrazione dal sud del mondo; e la mobilità dei gruppi terroristici dell'Aqmi (Al-Qaeda del Maghreb Islamico) aspetta solo la decomposizione dello stato libico per farne una piattaforma - come fu l'Afghanistan all'epoca di Bin Laden - per agire in duplice direzione: verso l'Africa subsahariana e verso il mondo arabo. E, grande differenza con l'Afghanistan, la Libia è il secondo produttore di petrolio dell'Africa e il quarto fornitore di idrocarburi all'Europa. Se sprofonda la Libia, si sgretola l'intero Mediterraneo. Ma la transizione democratica è inevitabile.
Infine la cintura di sicurezza costituita dall'esercito - come è stato nel caso dell'Egitto e della Tunisia, i cui quadri militari sono stati formati dagli Stati Uniti - in Libia non esiste, quindi il paese è il più esposto dell'area mediterranea alla deflagrazione, e rappresenta l'Afghanistan nel Mediterraneo
Si è aperto un nuovo ciclo della storia nel mondo arabo. Perciò né l'Italia né la Francia possono agire da sole. Si devono varare nuove politiche europee di aiuto verso la transizione, perché il problema non è solo libico, è arabo e mediterraneo, e sta diventando globale.
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