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Notizie Medio Oriente e Africa

Non solo il clan di Gheddafi: la rete degli 007 con le tribù

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 06:37.


ROMA
La nostra intelligence ha canali aperti con l'opposizione in Libia a Gheddafi. Non da ieri, non da un mese, ma da parecchio tempo. Un fatto noto a pochi addetti ai lavori, per quasi tutti sconosciuto, ma decisivo in questo momento. È, soprattutto, prassi istituzionale che dovrebbe essere sempre praticata dai servizi di sicurezza e informazione. Va subito precisato che i nostri agenti presenti negli stati nordafricani sono considerati, come in ogni nazione estera, «collegati» alle rispettive ambasciate. Hanno, di conseguenza, contatti con i servizi segreti locali.
E basta: guai se, in una sorta di doppio gioco, i nostri 007 in Egitto, o peggio in Libia, intrattenessero rapporti non solo con i canali governativi, ma anche con le opposizioni. Rischierebbero la pelle. Al di là della rete informativa all'estero, che rispetto ad alcuni anni fa si è molto indebolita a causa dei tagli alle risorse finanziarie, le relazioni istituzionali, anche a livello di intelligence, sono dunque quelle ufficiali. Ma c'è stata poi – e in questo momento si rivela provvidenziale – l'attivazione di una serie di contatti con tribù e vari ambienti dissidenti nei confronti del regime di Tripoli. Relazioni sviluppate fuori dalla Libia, e non solo in Italia, dai nostri uomini dell'Aise (l'agenzia informazioni e sicurezza esterna, ex Sismi).
Una diplomazia parallela, come si dice in gergo, ma del tutto autorizzata e spesso combinata d'intesa con quella ufficiale, con l'unico scopo di salvaguardare l'interesse nazionale. Proprio come in questo caso, visto che il conclamato legame simbiotico tra Gheddafi e Berlusconi rischia oggi di essere un boomerang per l'Italia. Anche perché in Libia gli appetiti e gli interessi internazionali sono molti. I servizi americani, per esempio, nonostante gli Usa considerino quello di Tripoli «uno stato canaglia», da tempo hanno condotto doppi e tripli giochi per conquistare consensi e quote di potere libico, a cominciare da quello economico. Un'azione che colpisce in linea diretta la presenza italiana nello stato di Gheddafi.
Aise, Aisi (l'agenzia informazioni e sicurezza interna, ex Sisde) e Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza, ex Cesis) stanno intanto facendo un'attività frenetica di ricognizione su fatti e notizie che giungono dalle rivolte in Nordafrica. Ci sono molti segnali minacciosi. Anche perché i fronti aperti, Libia e Tunisia, sono una combinazione esplosiva. Uno dei timori maggiori è che possano rientrare in Italia nordafricani già espulsi dal nostro paese. Tra gli altri ci potrebbero essere, in particolare, anche soggetti che hanno lasciato contatti e interessi di tipo terroristico, alcuni sono stati coinvolti in inchieste giudiziarie, attivisti islamici in Bosnia e in Afghanistan.

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Tags Correlati: Aise | Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza | Dis | Gheddafi | Giuseppe Esposito | Italia | PDL | Roberto Maroni | Rodolfo Ronconi | S.I.S.DE. | SISMI | Tripoli

 

Un fatto clamoroso, considerata la politica tenace di rientri in patria – diverse decine di immigrati ogni mese – decisa nei confronti dei clandestini più pericolosi dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e attuata dal prefetto Rodolfo Ronconi, responsabile immigrazione al dipartimento di pubblica sicurezza. Un secondo aspetto che mette in allerta le nostre strutture d'intelligence attiene al fatto che, dopo i primi flissi spontanei, si stanno attrezzando – com'era inevitabile – le grandi organizzazioni di trafficanti umani per convogliare i migranti verso l'Europa. «La prima emergenza – afferma Giuseppe Esposito (Pdl) – sarà quella di carattere umanitario e sanitario con la gestione di nuovi arrivi dalle zone in sofferenza, ma nel medio periodo sarà necessario aprire un dialogo proficuo con le nuove realtà per stabilire una diversa grammatica dei rapporti tra la sponda Nord e quella Sud del Mediterraneo».
C'è infine un segnale emblematico. Sono un migliaio le richieste di visti dalla Libia in Italia per soggiorno di studio dal primo gennaio di quest'anno a oggi. In tutto il 2010, invece, erano stati poco più di 200.
marco.ludovico@ilsole24ore.com
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