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Trent'anni fa il fallito golpe che diede coraggio alla giovane democrazia spagnola

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 21:58.

Esattamente trent'anni fa, alle 18 e 23 minuti, nella Camera di una Spagna tornata da poco alla democrazia, si stava votando per la seconda volta l'eventuale investitura del governo guidato da Leopoldo Calvo-Sotelo, in conseguenza delle dimissioni del premier Adolfo Suárez. È chiamato a esprimere il suo voto il deputato socialista Manuel Núñez Encabo.

In quello stesso momento, però, si sente un gran trambusto. Nell'Aula irrompe Antonio Tejero, tenente colonnello della Guardia Civil. Baffoni e tricorno laccato in testa, Tejero guida un manipolo di militari armati. Una telecamera ha ripreso quei momenti, cristallizzandoli nella memoria degli spagnoli. Il primo segretario della Camera, Victor Manuel Carrascal chiede cosa sta succedendo, Tejero lo gela: "Vattene di qui". Poi il tenente colonnello urla ai deputati: "Alto! Todo el mundo quieto. Silencio! Al suelo!".

I militari pretendono il silenzio, vogliono che i parlamentari si accoccolino e che tengano le mani in vista. Il vicepremier Manuel Gutiérrez Mellado, che ha settantun'anni e una lunga carriera militare nell'esercito franchista che lo ha reso generale, sfida le minacce dei mitra e delle pistole. Si scaraventa incontro a Tejero, deciso a far valere il suo grado militare superiore e il suo ruolo istituzionale. Il capo del drappello golpista lo tratta con disprezzo: "Si sieda, deputato". Alcuni militari si avventano su Gutiérrez Mellado gli afferrano le spalle, cercano di farlo sedere, di metterlo giù. Il generale si dibatte e resiste alle spinte dei suoi ben più giovani aggressori. Questa dell'anziano Gutiérrez Mellado che resiste ai tentativi di atterrarlo diventerà la sequenza regina del tentativo di golpe. Intanto vengono sparati molti colpi in aria. In quell'istante di terrore tutti i deputati si immergono sotto i loro banchi.

L'emiciclo sembra completamente vuoto. Tutti, protagonisti della politica spagnola e sconosciuti peones parlamentari, sono a terra. Gli unici a rimanere ben visibili sono il capo di governo dimissionario, Adolfo Suárez, che tenta di dare manforte a Gutiérrez Mellado, e Santiago Carrillo il gran capo del Partito comunista da pochissimi anni legalizzato, che rimane seduto al suo posto. Sono loro gli unici che sfidano, incuranti delle minacce, la protervia degli uomini armati della Guardia civil. Proprio loro tre – Suárez, Carrillo e Gutiérrez Mellado, insieme con i leader del Psoe Felipe González e Alfonso Guerra e al ministro della Difesa, Agustín Rodríguez Sahagún, saranno accompagnati fuori dall'emiciclo. Nessuno dei colleghi può immaginare cosa sia toccato ai sette uomini. Da allora nell'Aula della Camera sarà un rincorrersi di "Silencio!" e di "Que se siente, coño!" ("Si sieda, una buona volta, cazzo!") rivolti dai golpisti a chiunque osi muoversi o aprire la bocca.

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Altri spezzoni dell'esercito intanto si stanno sollevando in varie parti della Spagna, il paese rischia di scivolare lungo il suo difficile percorso democratico, da poco intrapreso, e di risvegliarsi di nuovo sotto un autoritarismo militare. Durante la notte, in uno storico messaggio televisivo, il giovane re Juan Carlos manifesta la sua netta presa di posizione antigolpista. Il tentativo di colpo di Stato naufraga in poche ore. A mezzogiorno del 24 febbraio, i deputati liberati escono dalla Camera dopo diciotto ore di "sequestro". A loro si uniscono i sette leader che erano stati fatti uscire dall'Aula ed erano stati posti sotto stretta sorveglianza in un'altra sala. Sono tutti vivi e in perfetta salute. I golpisti sono arrestati.

Quel giorno, raccontato anche dallo scrittore Javier Cercas nel suo recente libro "Anatomia di un istante" (pubblicato in italiano da Guanda), è assurto a simbolo: la giovane democrazia spagnola, proprio in quel 23 febbraio in cui si trovò sotto schiaffo, decise di essere davvero tale.

Da ultimo, nella Spagna che sta celebrando il trentennale del fallito colpo di Stato, è stato reso pubblico un documento del marzo 1981, finora inaccessibile, in cui gli allora quattro segretari del Congresso dei deputati raccontano ufficialmente cosa accadde in aula quel giorno. E si scopre che anche Manuel Fraga, un altro grande vecchio che ancora oggi, a quasi novant'anni, è presente nella politica spagnola, ebbe una parte da protagonista. Fraga, ex ministro franchista e fondatore di quell'Alianza popular che ha poi dato vita all'attuale Partito popolare, a un certo punto si ribellò a Tejero e ai suoi.

Sono quasi le nove di sera quando Fraga si alza dal suo scranno, discende l'emiciclo e dice a Tejero: "La Guardia Civil può forse tenere tanti uomini indifesi come un gruppo di banditi?". I militari gli intimano di stare zitto. Qualche collega lo incoraggia dall'alto. I militari caricano le armi. Fraga non molla: "Io non ne posso già più", dice. Si apre la giacca e provoca: "Sparate a me!". Altri due deputati si alzano e ripetono lo stesso gesto e le stesse parole. I golpisti dicono a Fraga di stare zitto, per favore. "No, non vi faccio il favore", risponde lui, e si avvia all'uscita. Fraga affronta Tejero: "Le faccio notare che mi ha messo una mano addosso", gli dice. E quello, strafottente: "In realtà tutte e due". Fraga esce dall'Aula, dicendo che preferisce morire con onore che vivere con disonore. Verrà ricondotto insieme agli altri al momento in cui i deputati saranno lasciati liberi di uscire.

Fondamentale fu certamente la fermezza del re. Ma il comportamento di quattro uomini politici simboleggia la volontà comune di una Spagna che il 23 febbraio 1981 rinuncia definitivamente all'autoritarismo e non ha paura di fronteggiare le minacce di Tejero e degli altri golpisti. Quattro leader fino ad allora avversari. Anzi veri nemici: il comunista Carrillo; il centrista Suárez, grande protagonista della Transizione alla democrazia; l'ex militare Gutiérrez Mellado; e, come si legge nel documento recentemente ricomparso, anche Manuel Fraga Iribarne, che aveva convogliato le istanze postfranchiste nel confronto democratico. Per una volta, il 23 febbraio 1981 furono uniti. E in piedi, insieme, davanti alle minacce.

Con l'eccezione di Fraga, i cui più giovani discepoli hanno costruito il moderno centrodestra spagnolo, gli altri tre non capitalizzeranno in fortuna politica il loro comportamento. Carrillo, benché a 95 anni sia ancora oggi un pimpante protagonista della vita pubblica spagnola, vide appassire gradualmente il suo Partito comunista, già delusissimo dai risultati ottenuti nelle prime elezioni democratiche. La Unión de Centro Democrático di Suárez si sbriciolò e il nuovo partito fondato dall'ex premier, il Centro Democrático y Social, nelle elezioni del 1982, vinte dal Psoe, ottenne soltanto due deputati. Manuel Gutiérrez Mellado uscì dalla scena politica.

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