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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2011 alle ore 06:38.
DUBLINO. Dal nostro inviato
I saldi durano tutto l'anno e non c'è nemmeno bisogno di indicarli sulle vetrine spente dei negozi di Dame street, dove i tassisti si offrono con la stessa, non richiesta, generosità degli abusivi di Mosca. I prezzi si asciugano, ma gli affari li fanno in pochi, secondo il perverso avvitarsi di un mondo in deflazione.
«Mai vista una cosa del genere. Gli alberghi irlandesi - sospira Dermot O'Leary - sono probabilmente i più economici dell'Europa occidentale. Crollano i salari pubblici e quelli privati». Mentre l'Irlanda attende la rivoluzione elettorale che verrà domani dalle urne, consegnando all'opposizione il Fianna Fail, dominatore del Dail da Eamon de Valera in poi, il chief economist di Goodbody Stockbrokers si toglie il berretto di superanalista e veste l'abito del normale cittadino, del dubliner , per fermarsi all'icona letteraria. Elenca episodi, evoca immagini, usando le stesse parole di sei mesi fa, quando il piano di salvataggio euro-internazionale non era ancora stato approvato, quando il disastro di una folle corsa al credito per gonfiare il mattone pareva essere emerso nella sua interezza.
A novembre avevamo creduto che la crisi irlandese fosse giunta allo zenith e fosse prossima al rimbalzo. Dublino salvata? Affatto. Dublino non cessa di bruciare nonostante gli estintori della Banca centrale europea e del Fondo monetario. «Lo avevo previsto allora - replica O'Leary in rapido ripiegamento entro la trincea di economista - e lo ripeto oggi nel rapporto intitolato "Un piccolo aiuto da un amico"». Qualche decina di cartelle che fanno rumore, buttate là per dare la sveglia a Bruxelles e Francoforte. L'amico è sempre lo stesso e, oggi, Dublino lo corteggia per evitare di ristrutturare il debito di banche nazionalizzate. L'Europa non vuole che l'Irlanda tagli del 50% i corporate bond con quella procedura che gli inglesi chiamano haircut, una rapata al capitale investito in obbligazioni. Quando i titoli arrivano a maturazione invece di pagare tutto, restituisci la metà. Secondo O'Leary ci sono 21 miliardi e mezzo di euro a rischio sparsi fra Anglo-Irish, Irish Nationwide, Bank of Ireland e Allied Irish, istituti, questi ultimi due, in condizioni molto migliori dei primi, di fatto falliti. E se l'Europa non gradisce la tosata - dicono a Dublino - è meglio che rimetta mano al portafogli, perché così, sulle rive del Liffey, non si va avanti.