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Libia, la "connection" italiana e il dilemma di chi è in affari con Gheddafi (Ft)

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2011 alle ore 15:16.

Gli affari tra Libia e Italia sono nell'occhio del ciclone da quando è scoppiata la rivolta libica. Il Financial Times, nella rubrica Lex, si sofferma sulla "connection italiana" e si domanda: "Quali sono le più esposte ai deliri di Gheddafi, le imprese con interessi in Libia o le imprese nelle quali la Libia ha interessi?".

Il primo gruppo, formato in gran parte da produttori petroliferi europei, è «colpito direttamente», constata il Ft. Total, Repsol ed Eni hanno arrestato la produzione o si preparano a farlo. Le quotazioni dell'austriaca Omv, che dalla Libia ottiene il 10% della sua produzione annua, sono calate del 12,5% dall'inizio dei disordini. Il secondo gruppo, in gran parte formato da «imprese italiane d'alto profilo, potrebbe avere il dilemma più acuto», scrive il quotidiano britannico. Le due principali partecipazioni italiane sono UniCredit e Juventus. La Libyan Arab Foreign Investment Company (Lafico) detiene il 7,5% della Juventus e ha un membro nel Cda.

La quota in UniCredit – prosegue il Ft - è stata accumulata per lo più quando le quotazioni erano basse per via della crisi internazionale. L'estromissione di Alessandro Profumo lo scorso settembre era dovuta "almeno in parte" alle sue aperture libiche. «La preoccupazione per il suo successore, Federico Ghizzoni, è che i libici diventino venditori forzati». Secondo Mediobanca, aggiunge il quotidiano, la possibilità di un cambiamento di regime in Libia incombe sul prezzo del titolo Unicredit, già sceso del 6%.

Gheddafi è stato un investitore in asset italiani per quasi 40 anni, fa notare il Ft. Aveva preso una quota del 9% in Fiat nel 1976, per uscirne dieci anni dopo, quando era arrivato al 15%, intascando un rendimento di sette volte maggiore. «Se deve lasciare la Libia, certamente lo aspetta un lavoro in un hedge fund», conclude ironicamente il Ft.

In un editoriale, il Financial Times critica «l'abietta deferenza» mostrata da alcuni leader europei nei confronti del colonnello libico. In particolare, Silvio Berlusconi «ha evitato di criticare il regime fuorilegge», forse «distratto da altre faccende nordafricane», come il processo imminente per avere pagato per i favori sessuali di una ballerina da nightclub marocchina minorenne. L'editoriale esorta l'Ue ad aiutare gli stati arabi a costruire istituzioni politiche libere, ad ammorbidire il protezionismo e a congelare i beni esteri dei dittatori caduti.

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Tags Correlati: Alessandro Profumo | Eni | Federico Ghizzoni | Fiat | Gheddafi | Juventus | Lat | Lega | Libia | Libyan Arab Foreign | Massimo Prandi | Mediobanca | Rieti | Roma | Società dell'informazione | Stephan Faris | Telegraph | Umberto Bossi

 

«L'Italia teme 300mila profughi», titola il Telegraph, con una foto del ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha prospettato un esodo dieci volte superiore a quello degli albanesi fuggiti in Italia negli anni '90 durante le guerre dei Balcani.
Attenzione all'Italia anche sul quotidiano francese Les Echos: «Le relazioni tra Berlusconi e Gheddafi scatenano una tempesta politica in Italia».

Il primo ministro italiano è «il solo capo di governo europeo ad avere parlato con il despota libico in questi giorni», nota Les Echos. «Roma teme l'interruzione degli approvvigionamenti di energia e un'ondata di profughi». Il quotidiano, nell'articolo firmato da Massimo Prandi, ricorda che il leader della Lega Nord Umberto Bossi non ha risparmiato critiche a Berlusconi per avere detto che non voleva disturbare Gheddafi.

Le strette relazioni tra Berlusconi e il dittatore libico comunque si deteriorano, nota il quotidiano francese, sottolineando che Gheddafi ha accusato l'Italia di fornire armi e missili alla rivolta. In ogni caso, «il primo ministro italiano uscirà indebolito da questa crisi internazionale». Quanto all'appello all'unità nazionale lanciato dall'editorialista del Sole 24 Ore Stefano Folli, è «tutto il contrario dell'agenda politica di Berlusconi, che esclude ogni collaborazione con le opposizioni».
Les Echos fa anche un primo esame delle ricchezze della famiglia Gheddafi, «una grande fortuna opaca, disseminata e molto liquida». La fortuna personale del colonnello Gheddafi ammonterebbe, secondo gli esperti, a svariati miliardi di dollari. C'è un accenno al suo progetto d'investimento ad Antrodoco (Rieti), dove voleva costruire un hotel di lusso e un "ambizioso" centro sportivo.

Tra i numerosi titoli che si susseguono sui siti internet della stampa francese, «Roma importerà più gas europeo per compensare quello libico»; «L'Europa considera sanzioni contro il regime di Gheddafi»; «Libia, un'ex colonia italiana sempre molto legata a Roma» (Nouvel Observateur): «Il bilancio di 1000 morti è ‘credibile' secondo l'Italia» (Nouvel Obs).
Le Figaro ha in risalto sulla homepage l'allarme italiano: «Rischio esodo, l'Italia si appella all' Ue».

Un altro articolo di Richard Heuzé su Le Figaro punta i riflettori sui contraccolpi economici: «Italia colpita in pieno dalla crisi libica». L'importo degli investimenti libici nell'economia italiana è stimato sui 3,6 miliardi di euro. Le Monde sottolinea i l timore di un "esodo massiccio" verso i paesi vicini e verso L'Italia, primo partner economico, "resta prudente" verso Tripoli.

Al settimanale americano Time piace ricordare «Il brutto idillio italiano: come Berlusconi ha perso la testa per Gheddafi». Per Stephan Faris, il gasdotto che unisce la Libia alla Sicilia, il più lungo del Mediterraneo, inaugurato nel 2004 da Gheddafi e Berlusconi, può essere considerato «il simbolo delle relazioni tra i due paesi». E evidente la dipendenza dell'Italia da Gheddafi, per l'energia, i numerosi investimenti libici in Italia e l'immigrazione.

La "tragedia peggiore" nella situazione della Libia – ammonisce il Time - potrebbe essere il fatto che l'Italia aveva la possibilità di premere per riforme democratiche e miglioramenti sul fronte dei diritti umani. «Invece, l'Italia ha scelto di non fare nulla».

Il Wall Street Journal usa in un titolo le parole di Frattini «L'Italia vede ‘bagno di sangue' in Libia». E descrive l'affannosa fuga dalla Libia degli stranieri, con il senso di abbandono denunciato da alcuni italiani: «Caos ostacola l'evacuazione di massa». Per quanto riguarda l'energia, per il Wsj sui mercati il gigante petrolifero Eni è un indicatore di come sta evolvendo la crisi in Libia, mentre l'Italia rassicura sul fatto che le sue importazioni di gas sono "adeguate".

«L'Italia dice che i morti sono oltre mille», titola il New York Times. Un altro titolo del Nyt vede il mondo «assetato di petrolio agitato dall'ansia», mentre un commento sui tanti volti di Gheddafi ricorda che la brutalità del periodo coloniale italiano era diventata un'ossessione per Gheddafi.

«L'Europa cerca di sbrogliare i suoi profondi legami con Gheddafi», sottolinea il Los Angeles Times. Parecchie nazioni, e l'Italia in particolare, hanno coltivato strette relazioni con il dittatore libico per inseguire lucrosi affari. Una foto mostra come al solito Gheddafi a fianco di Berlusconi. La relazione con Gheddafi, spiega il Lat, è stata «un pilastro della politica estera italiana».

Molte notizie sull'Italia e dall'Italia anche sulla stampa spagnola, spesso inserite nel contesto europeo del negoziato sulle sanzioni e del tentativo di far fronte ai nuovi flussi di profughi. El Mundo: «Frontex si attende da 500mila a 1,5 milioni d'immigrati». «La Ue sanzionerà il regime di Gheddafi». El Pais: «L'Ue si mostra incapace di concordare sanzioni contro Gheddafi». El Economista: «Berlusconi avverte che in Libia può vincere il fondamentalismo islamico». Abc.es: «L'Ue teme l'arrivo di un milione di immigrati africani». «L'Italia assicura che nella metà orientale della Libia è stato proclamato un emirato islamico».

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