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Notizie Medio Oriente e Africa

Azione comune con Ue e Onu

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2011 alle ore 09:34.

Mentre la macchina del salvataggio dei connazionali dalla Libia sta per completare il rimpatrio anche la diplomazia italiana si muove a pieno regime. Ieri il premier Silvio Berlusconi ha parlato al telefono con il collega britannico David Cameron: i due hanno concordato che per far fronte a quanto sta accadendo in Libia e in tutta l'area è necessaria «un'azione coordinata in ambito multilaterale e, innanzitutto, nel quadro europeo e Onu», sulla linea di quanto già concordato la sera precedente nella telefonata con il presidente Usa Barack Obama. Il ministro degli esteri, Franco Frattini, ha intanto attivato una serie di contatti con i principali partner europei ed atlantici.

La linea del governo italiano si conferma: nessun appoggio a Gheddafi. Il governo sostiene l'ipotesi di sanzioni mirate al regime, sia in sede Onu che Ue: «Chi ha compiuto questi atti così orribili non può essere in nessun modo sostenuto dalla comunità internazionale e quindi neanche dall'Italia» ha concluso il ministro, da Berlino, dove ieri ha incontrato il collega Guido Westerwelle. Roma e Berlino, come ha spiegato Frattini, avanzeranno insieme al consiglio dei Diritti Umani del 28 febbraio la proposta dell'invio immediato di una missione Onu che valuti la situazione sul terreno e avvii un'inchiesta indipendente sulle violenze. Inoltre il ministro ha avuto contatti telefonici con il ministro degli Esteri britannico William Hague ed ha incontrato l'omologo canadese Lawrence Cannon. Lunedì il responsabile degli Esteri sarà a Ginevra per partecipare al Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu dove incontrerà anche il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, per fare il punto sulla situazione.

Ieri inoltre William Burns, sottosegretario di stato Usa per gli affari politici, a Roma ha incontrato il segretario generale della Farnesina, Giampiero Massolo: gli Usa e l'Italia – ha comunicato l'ambasciata americana - sono «profondamente preoccupati, c'è un urgente bisogno di mettere fine alle violenze». Intanto il governo italiano ha dato il suo ok dopo la richiesta delle autorità britanniche e statunitensi, a riaprire la base militare di Sigonella agli aerei dei due paesi. Ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, il quale ha spiegato che la base verrà autorizzata dai velivoli militari americani ed inglesi, «come da loro richiesto solo per l'evacuazione dei civili e a scopi prettamente umanitari.

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È inoltre probabile che una quota consistente dei 72 caccia F16 statunitensi oggi ad Aviano, in Friuli, si trasferisca in Sicilia. In teoria, i caccia impiegano circa mezz'ora di volo da Sigonella a Tripoli. Lo «scopo umanitario» è rimpatriare gli 11mila cittadini americani presenti in Libia. In realtà sembra ormai assodato che gli Usa vogliono dichiarare lo spazio aereo libico «no fly zone» per impedire le rotte dei velivoli militari di Gheddafi, l'arma più forte a disposizione del rais. La «no fly zone» consente di intervenire e di abbattere, se necessario qualunque aereo militare si alzi in volo sui cieli libici. È probabile che a Sigonella nei prossimi giorni ad americani e inglesi si uniscano anche i francesi. Il ministro della Salute Ferruccio Fazio ha annunciato che sta valutando insieme a Frattini l'attivazione di un canale umanitario per portare aiuti alla popolazione libica. Intanto arriva una presa di posizione della Santa Sede: «sgomento e dolore» di fronte alla cruenta repressione delle proteste che in questi giorni agitano la Libia sono le parole espresse da monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente del Vaticano presso l'ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra. (Ca. Mar. / M. Lud.)

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