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Giuliano Ferrara torna su Raiuno con Radio Londra

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2011 alle ore 13:15.

«Si metta una mano sulla coscienza o sul cuore o dove vuole, e torni in televisione», scriveva Maurizio Caverzan su Il Giornale un paio di mesi fa. Per una missione fin troppo chiara: «rappresentare un pezzo del Paese - maggioritario - finora mal rappresentato». Lui, Giuliano Ferrara, declinava pubblicamente l'invito: «Non ho voglia di tornate in tv, mi piace vivere. Può darsi che la voglia mi torni, ma è e sarà un fatto privato». Eppure qualche giorno prima nel suo elzeviro diceva di sentirsi un po' come «la piccola fiammiferaia», orfano della tv. «È il mio terzo Natale senza tv», «strofino il naso sul monitor scintillante dell'elettrodomestico più prestigioso del mondo, un giocattolo che la sorte ria, la vita amara, il destino cinico e baro mi hanno tolto per pura cattiveria».

Odio e amore, attrazione e nausea (a fasi alterne, si presume) per la cattiva maestra. È una vecchia storia, che si ripete quasi all'infinito per chi la conosce davvero, la tv, e la maneggia con metodi non convenzionali, lontani dalle banalità. Ora però Ferrara ha scacciato dubbi e perplessità per dire sì a Raiuno. Anche se l'accordo ancora non è stato siglato, la trattativa sarebbe in corso e in una fase avanzata. Per lui si apre lo spazio che fino a qualche anno fa fu di Enzo Biagi, prima che il giornalista fosse allontanato a seguito del cosiddetto 'editto bulgaro' (pronunciato da Silvio Berlusconi a Sofia). Una fascia di approfondimento giornalistico quotidiana in onda su Raiuno dopo il Tg1 delle 20, dal lunedì al venerdì. Il direttore de Il Foglio conferma: «Ho avuto l'offerta di rifare la mia vecchia rubrica Radio Londra e l'ho accettata».

È la trasmissione che Ferrara fece prima per Canale 5, poi per Italia 1 tra il 1988 e il 1994, anno in cui Silvio Berlusconi entrò in politica. E che ripropone (nel titolo) la popolarità dei programmi Bbc ai tempi della seconda guerra, quando Radio Londra divenne famosa per la tempestività nel trasmettere fatti e notizie in Europa ma anche per i messaggi speciali destinati ai partigiani.

La trattativa è condotta dal direttore generale della Rai, Mauro Masi, e vede coinvolto anche il direttore di Raiuno, Mauro Mazza. Giovedì prossimo Masi porterà l'argomento all'esame del cda di Viale Mazzini. Anche se questo tipo di attività rientra nelle sue prerogative il direttore generale vuole comunque relazionare sul tema in sede di lavori dell'organismo di gestione Rai.

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Questo significa anche che Masi resterà alla direzione generale, al contrario di voci che lo danno in uscita verso altre aziende partecipate? Il Foglio lo intervista e Masi dice: «Tutta la vita sono stato un civil servant e continuerò a farlo». Poi torna sulle difficoltà interne all'azienda: «Ha una governance difficile, un assetto normativo complessivo di settore anch'esso arretrato rispetto agli sviluppi tecnologici». Governance difficile anche al vertice perché ora «il direttore generale deve farsi approvare dal Cda qualunque cosa superiore ai due milioni e mezzo di euro. Per un'azienda di queste dimensioni praticamente tutto», dall'altra parte il Cda «non può approvare nulla senza la proposta del direttore generale».

Tutto sembra pronto perché Ferrara torni a essere in tv quel che naturalmente gli riesce in modo così efficace: un predicatore un po' istrionico, accalorato, che sa prendere tra le sue trame chi lo ascolta. In una fase politica tesa e complicata come questa è facile immaginare che sarà, appunto, il Ferrara di Radio Londra e non quello più pacato e dialogante di Otto e Mezzo. Facile immaginare anche che l'opposizione farà le barricate, l'abbinata con il Tg1 di Augusto Minzolini non piacerà a Pd, Idv, Sel e nemmeno al Terzo Polo. Le premesse per un ritorno incandescente ci sono tutte.

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