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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2011 alle ore 06:40.
ROMA
Oggi riflettori puntati sulla Cassazione. E il 7 marzo sulla Corte costituzionale. Due appuntamenti importanti per il Pdl, in vista dell'offensiva parlamentare contro i magistrati di Milano nel processo Ruby. Oggi al Palazzaccio e il 7 marzo a palazzo della Consulta si discutono infatti, rispettivamente, il caso-Castelli e il caso-Mastella, e il verdetto delle due Corti potrebbe aprire o sbarrare la strada all'improcedibilità e/o al conflitto di attribuzioni. Le variabili sono molte e non è detto che dal solo dispositivo (per le motivazioni passerà qualche settimana) si riesca a cogliere subito la portata delle due decisioni. Certo è che il Pdl ha aspettato a muoversi anche perché quelle decisioni – salvo rinvii – saranno un primo punto fermo in questa intricata vicenda.
Per il Pdl, il caso-Castelli è un «precedente molto significativo». L'ex ministro leghista della giustizia, denunciato per diffamazione dal suo predecessore comunista Oliviero Diliberto, è stato prosciolto dal Tribunale di Roma perché il reato doveva considerarsi «ministeriale», così come sosteneva il Senato in una delibera con cui negava l'autorizzazione a procedere. Se la Cassazione confermerà la decisione del Tribunale, Ghedini (il cui studio difende Castelli) avrà un motivo in più per giocare la carta dell'«improcedibilità» nel processo Ruby, a dispetto di chi la considera un "due di briscola". Una carta forse vincente, anche se il «precedente» potrebbe fermare il processo per il reato di concussione, non per quello di prostituzione minorile.
Se invece la Cassazione accogliesse il ricorso della Procura generale, la strada dell'improcedibilità sarebbe sbarrata o rischiosa. La Cassazione potrebbe ritenere che il giudice, di fronte alla delibera parlamentare, doveva sollevare conflitto di attribuzioni. Potrebbe sollevare essa stessa il conflitto. Ma potrebbe anche scrivere, nella motivazione, che il giudice non è vincolato alla delibera parlamentare e quindi, se ritiene che il reato non sia ministeriale, deve andare avanti.
Gli sponsor del conflitto aspettano con ansia il 7 marzo, quando la Consulta discuterà il caso di un altro ex guardasigilli, Clemente Mastella, finito davanti al Gup di Napoli per una serie di reati di cui nessuno ha mai eccepito la natura ministeriale, finché il senato decide di contestare al Gup la mancata comunicazione del processo. Un fatto che lo avrebbe espropriato del potere di dire la sua sulla natura ministeriale del reato. Quindi solleva conflitto di attribuzioni, all'unanimità e previo parere pro-veritate dell'ex presidente della Consulta Piero Alberto Capotosti (che difende Mastella davanti alla Corte). Secondo il parlamento, l'obbligo di «comunicazione» previsto dalla legge n. 1 dell'89 per il Tribunale dei ministri riguarderebbe infatti anche il giudice ordinario. Se il conflitto dovesse essere dichiarato inammissibile, per il Pdl sarebbe un precedente negativo nel caso-Ruby, in cui, peraltro, una forma di comunicazione della Procura di Milano c'è stata con la richiesta di autorizzazione alla perquisizione. Se, al contrario, la Corte darà via libera al conflitto, il caso-Mastella potrebbe essere riunito al caso-Matteoli. Ma per sapere se il parlamento ha il potere di decidere in modo vincolante la natura ministeriale del reato, bisognerà attendere la decisione nel merito, tra qualche mese.