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La Casa Bianca: sanzioni contro Tripoli

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2011 alle ore 08:11.

Partono le prime sanzioni contro il regime di Muammar Gheddafi. Ad annunciare l'imposizione di misure «unilaterali» è stato ieri pomeriggio il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, secondo il quale l'amministrazione Obama sta inoltre «coordinando sanzioni aggiuntive con gli alleati europei e altri possibili interventi multilaterali». Tra questi: la sospensione della Libia da tutti gli organi delle Nazioni Unite.

Carney non ha specificato la natura o la tempistica delle sanzioni che Washington intende adottare, limitandosi a dire che gli Usa stanno «avviando una prima serie di passi a livello unilaterale» e che stanno «valutando una serie di opzioni». Il che non esclude quindi un intervento militare.
Il portavoce di Obama ha inoltre comunicato la sospensione delle attività dell'ambasciata Usa a Tripoli, mentre il Dipartimento del Tesoro ha dato istruzione a tutte le banche americane di monitorare le transazioni finanziarie di entità libiche e segnalare possibili casi di distrazione di fondi su conti offshore.
Dalle parole si è dunque passati ai fatti. Anche se ancora non si è arrivati a misure di impatto immediato come la no-fly zone sullo spazio aereo libico chiesta lunedì scorso dallo stesso vice-ambasciatore libico all'Onu in una lettera di denuncia del regime di Tripoli.
Pur dicendo che la Nato è pronta ad affrontare «qualsiasi evenienza», in coda a una riunone d'emergenza sulle vicende libiche, il segretario generale Anders Rasmussen ha dichiarato che «un approccio impegnativo come la no-fly zone richiede una legittimazione internazionale molto chiara, e più in particolare un mandato delle Nazioni Unite».
In una seduta speciale a porte chiuse, dopo che il segretario generale Ban Ki-Moon lo aveva invitato a intraprendere «azioni concrete», il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha iniziato a valutare sanzioni che, salvo sorprese dell'ultima ora, dovrebbero essere definite nella giornata di oggi. Tra le ipotesi, il congelamento dei beni di Gheddafi e dei suoi accoliti, l'embargo sulle armi e l'intervento della Corte Internazionale di Giustizia.

«Non bastano più i discorsi. È arrivata l'ora di agire», ha dichiarato ieri il ministro degli esteri francesi, Michele Alliot-Marie. A farle da eco, il portavoce del suo equivalente britannico, che ha confermato l'intenzione londinese di spingere affinché si arrivi a sanzioni economiche e all'interdizione ai viaggi all'estero per i rappresentanti del regime libico. Misure appoggiate anche dal ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle e dall'Alta Rappresentante dell'Unione Europea Catherine Ashton.

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Tags Correlati: Adel Shaltut | Anders Rasmussen | Ban Ki-Moon | Bianca Jay Carney | Consiglio di sicurezza | Corte Internazionale di Giustizia | Ginevra | Guido Westerwelle | Michele Alliot-Marie | Ministero del Tesoro | Muammar Gheddafi | Nato | Onu | Politica | Stati Uniti d'America | Tripoli

 

Nel pomeriggio di ieri, a Ginevra, in una seduta d'emergenza, il Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu ha invece adottato una risoluzione proposta dai suoi membri europei che ha condannato il governo di Gheddafi per la violenta repressione delle proteste e creato una commissione d'inchiesta che indagherà su possibili crimini di guerra.
Il Consiglio per i Diritti Umani ha inoltre votato all'unanimità la sospensione della Libia dall'organo dell'Onu. A permettere il voto unanime è stata la dichiarazione di un diplomatico della missione libica, Adel Shaltut, che anziché opporsi ha annunciato tra gli applausi generali, che l'intera delegazione di Ginevra «è schierata a fianco dei manifestanti».

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