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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2011 alle ore 08:15.
ROMA
Lo scontro tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini arriva sul palcoscenico della Camera. In un'aula gremita per la fiducia sul milleproroghe, il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto attacca: «Con la sua presidenza siamo in una situazione istituzionalmente insostenibile». Fini non si fa trovare impreparato e rinvia l'accusa al mittente: «Ne convengo la situazione è istituzionalmente insostenibile». Che l'aria fosse questa lo si era già capito. Quando Di Pietro comincia a parlare e il governo esce, Fini sospende la seduta mostrando la sua disapprovazione («un fatto senza precedenti»), ma subito dopo ne ha anche per Di Pietro che aveva paragonato l'esecutivo italiano «a quello di Tripoli». «Per quanto possa avversarlo, non le permetto in quest'Aula di assimilare un governo democraticamente eletto alla feroce dittatura di Gheddafi».
Berlusconi è poco lontano. Anche il premier sembra tutt'altro che incline a rimanere in silenzio. Mentre i lavori dell'Aula vanno avanti, parlando con le deputate per l'organizzazione della manifestazione del 5 marzo torna ad attaccare la Consulta, Fini e a riproporre la sua versione sul caso Ruby. «Sono stufo, stufo: dobbiamo reagire, noi facciamo le leggi e la Consulta poi le boccia e qui alla Camera ci viene impedito di portare avanti i provvedimenti». Il portavoce del premier Paolo Bonaiuti smentisce il giudizio sulla Corte ma in realtà il Cavaliere ha ripetuto quanto ha detto in altre occasioni pubblicamente. Anche la spiegazione della telefonata alla questura per il rilascio della minorenne marocchina non è una novità: «Non ho commesso alcun reato, ero in buona fede, è Ruby che mi ha mentito». Berlusconi sfoggia i consueti sorrisi. Certo il voto alla Camera per la maggioranza si è fermato a quota 309, ma in compenso il gruppo dei responsabili, grazie al prestito di un altro deputato del Pdl, arriva a 29 componenti, consentendo così di avere i numeri in commissioni fondamentali come Bilancio e Affari costituzionali.
Ma è a Palazzo Chigi che il Cavaliere poco dopo dà vita a un vero e proprio show. L'occasione è la conferenza stampa per la fondazione Zeffirelli. «Credo che nessuno possa governare meglio di me», esordisce rispondendo a una domanda. A poco serve che Gianni Letta, sedutogli accanto, chieda a tutti, anche allo stesso premier, di non andare fuori tema. Il Cavaliere è un fiume in piena: «Anche la sinistra voleva venire al bunga bunga...», ironizza con riferimento ai cori riservatigli dall'opposizione al momento del suo ingresso in aula. «Che poi, sapete, vuol dire andiamo a divertirci, andiamo a ballare, andiamo a bere qualcosa. Quindi - aggiunge Berlusconi - anche la sinistra è stata conquistata da questa mia visione della vita». Letta gli prende il braccio per frenarlo, ma non c'è niente da fare. E quando un giornalista di Sky gli consegna l'invito per partecipare al confronto televisivo con i suoi avversari politici, Berlusconi prende la busta e sorridendo risponde: «Dicono che sono un dittatore. E allora faccio come il generale Franco che quando riceveva cose di questo genere diceva "grazie" e poi al "fuego", cioè al fuoco...».