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Italia-Libia, trattato sospeso

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 08:12.


ROMA
Il trattato italo-libico «di fatto non c'è già più, è inoperante, è sospeso». È stato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, a indicare ieri la linea del governo su uno degli assi portanti dell'alleanza tra Roma e Tripoli, sigillata dal trattato firmato da Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi il 30 agosto 2008. «Per esempio – ha precisato il ministro – gli uomini della Guardia di finanza che erano sulle motovedette per controllare quel che facevano i libici, sono ora nella nostra ambasciata». In conseguenza di questo, ha concluso il ministro, «è probabile che siano moltissimi gli extracomunitari che possano arrivare via Libia in Italia, molto più di quanto avveniva prima del trattato».
La Russa precisa di aver fatto soltanto una constatazione senza implicazioni operative o diplomatiche, al momento. «Il trattato è di fatto inoperante in questi giorni perché non c'è la controparte. Il trattato non si fa con i governi o le persone, ma con gli stati. Noi speriamo che un domani ci sia uno stato libico in grado di rispettarlo».
Dall'opposizione si chiede un passo diverso, l'abrogazione della carta, a partire dal leader Udc Pierferdinando Casini, che all'inizio della crisi ha chiesto la creazione di una unità di crisi tra maggioranza e opposizione per affrontare l'emergenza. Per Casini «la prima cosa da fare in Parlamento è abrogare il trattato con la Libia che non doveva essere firmato da noi. Ora deve essere revocato da nostro Parlamento perché è una vergogna».
L'attività diplomatica del governo prosegue intanto su molti fronti. Ieri il segretario generale Onu, Ban Ki-moon, ha telefonato al premier Berlusconi, per uno scambio di valutazioni sulla situazione in Libia. I due – dice un comunicato di Palazzo Chigi – «hanno condiviso la necessità di porre termine alle violenze sui civili e alle violazioni del diritto umanitario e internazionale, e quella di garantire un futuro di stabilità e integrità della Libia». Il presidente Berlusconi – continua la nota – «ha sottolineato il ruolo centrale delle Nazioni Unite nel promuovere una reazione efficace della comunità internazionale, sottolineando l'impegno dell'Italia a cooperare in tutti i fori multilaterali per una soluzione rapida e pacifica della crisi».

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Berlusconi, parlando al congresso dei repubblicani, è tornato sul tema. «Sembra che effettivamente Gheddafi non controlli più la situazione in Libia – ha detto – se tutti siamo d'accordo possiamo mettere fine al bagno di sangue e sostenere il popolo libico». Il presidente del consiglio ha sottolineato poi che a suo avviso gli sviluppi della situazione del nord Africa «sono molto incerti perché quei popoli potrebbero avvicinarsi alla democrazia ma potremmo anche trovarci di fronte a centri pericolosi di integralismo islamico». Inoltre «c'è il rischio di una emergenza umanitaria con decine di migliaia di persone da soccorrere» e di fronte alla crisi della Libia «non possiamo restare spettatori, né la Ue né noi». Berlusconi ha definito «desolanti le polemiche provinciali delle opposizioni in Italia sulla Libia e i piccoli tentativi di attaccare il governo su politiche che sono state sempre fatte da molto decenni». Ora il rischio concreto è duplice: una ondata di sbarchi incontrollati e il dilagare in Libia di una deriva integralista: «Nessuno è in grado di prevedere quello che succederà da qui in avanti».
Domani il ministro degli Esteri, Franco Frattini, sarà a Ginevra per partecipare alla sessione ministeriale del consiglio dei diritti umani dell'Onu, dove dovrebbe essere decisa una missione di monitoraggio in Libia dalla quale potrebbero poi scaturire sanzioni, come l'espulsione di Tripoli dallo stesso consesso. A Ginevra Frattini incontrerà il segretario di Stato, Hillary Clinton, nella formula "Quint", cioè con i ministri di Gran Bretagna, Francia e Germania: l'obiettivo è «uno scambio di valutazioni sulla situazione in Nord Africa, con particolare attenzione alla Libia, per confermare la nostra disponibilità alla concertazione delle misure da adottare per la soluzione della crisi».
Intanto dalla Libia è proseguita l'evacuazione degli italiani: secondo fonti della Farnesina, a parte il personale legato all'ambasciata che resta a Tripoli, ormai le persone rimaste «sono poche decine».
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DIARIO DELLA CRISI
ROMA SOSPENDE LE INTESE CON TRIPOLI
- Il ministro della Difesa italiano Ignazio La Russa ha dichiarato che il trattato di amicizia italo-libico «di fatto non c'è già più».
- Per il premier Silvio Berlusconi «Gheddafi non controlla più la situazione in Libia. Se tutti siamo d'accordo possiamo mettere fine al bagno di sangue e sostenere il popolo libico».
- Telefonata del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon a Berlusconi: i due, si legge in una nota di Palazzo Chigi, «hanno condiviso la necessità di porre termine alle violenze sui civili e alle violazioni del diritto umanitario e internazionale

LE PRESSIONI DI OBAMA E I CONTRASTI ALL'ONU
- «Gheddafi deve andarsene subito», ha perso la legittimità a governare – ha affermato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in una nota. Obama ha chiamato il cancelliere tedesco Angela Merkel
- Febbrili consultazioni ieri al Consiglio di sicurezza dell'Onu per raggiungere un accordo sulle sanzioni contro la Libia. La riunione per il voto è stata fissata alle 20 ora di New York, le 2 italiane
- Il nodo ha riguardato il riferimento alla Corte penale internazionale dell'Aja per i responsabili di crimini di guerra o contro l'umanità in Libia: dubbi da parte della Cina
IL FIGLIO DI GHEDDAFI: MAI UNA LIBIA DIVISA
- Situazione incandescente in Libia, attacchi agli insorti a Sabratha e a Misurata.
- Per il figlio di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, il «popolo libico non ha futuro senza un accordo» e non esclude la «guerra civile»
- Gran Bretagna, Francia e Canada hanno sospeso l'attività delle ambasciate a Tripoli
- L'ex ministro della Giustizia Mustafa Abdeljalil ha annunciato al quotidiano Quryna che sta formando un governo ad interim a Bengasi, la cui composizione verrà resa nota oggi. All'ex ministro anche l'appoggio dell'ambasciatore libico a Washington, Ali Aujali.
DA TUNISI A MANAMA LE PROTESTE CONTINUANO
- Quella di ieri è stata un'ennesima giornata di proteste in tutta la regione: in Tunisia sono morte tre persone nel centro della capitale, in violenti scontri tra manifestanti e polizia.
- In Bahrein continuano le proteste mentre il re Hamad ben Issa al-Khalifa ha fatto un rimpasto di governo cambiando cinque ministri.
- La Commissione incaricata di studiare gli emendamenti alla Costituzione egiziana ha proposto che i mandati presidenziali siano al massimo due, di quattro anni ciascuno
LA FRASE DEL GIORNO «Una dinastia che dichiara una guerra brutale contro il suo stesso popolo è finita» Guido Westerwelle

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