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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2011 alle ore 08:05.
Strada in salita per il «villaggio della solidarietà», un progetto a Mineo (Catania) del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, per accogliere tutti gli immigrati in Italia che hanno presentato domanda di asilo. L'obiettivo è di liberare posti negli altri centri dove gli «asilanti», come sono definiti in gergo, sono ora ospitati. E posti liberi ora ne servono come il pane perché le strutture in tutta Italia sono ormai al limite e si attende da un momento all'altro il grande esodo dalle coste nordafricane.
Nei giorni scorsi Maroni ha portato persino il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a far visita al villaggio. Ma ieri, recatosi in Sicilia, il ministro dell'Interno si è ritrovato quasi una porta chiusa in faccia: con i dubbi, le resistenze e i freni degli enti locali siciliani. Una tattica, forse, ma intanto l'ok per ora non c'è. Non è servito a molto neanche sventolare la minaccia del flusso immane di immigrati. Certo, non sono stati più citati i 300mila migranti – cifra considerata da molti inverosimile – ipotizzati una settimana fa dalla Lega araba, dopo il precipitare della crisi in Libia.
Ma «se è vero, come ha detto l'Unhcr (l'agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati, ndr) che ai confini della Libia con l'Egitto e con la Tunisia ci sono oltre 100mila persona in fuga, tutti noi – ha dichiarato Maroni – capiamo la dimensione enorme e la novità assoluta di questo fenomeno». Siamo, insomma, al braccio di ferro tra istituzioni: se non ci sarà «da parte delle comunità interessate la condivisione di questo progetto, riferirò al presidente del consiglio l'esito di questa consultazione e poi valuteremo le decisioni necessarie». Oggi, intanto al Viminale sono convocati tutti i prefetti impegnati sul fronte immigrazione. L'Interno sta facendo una ricognizione quotidiana, in Sicilia soprattutto, di posti per ospitare i profughi: in alberghi, ostelli e ogni altra struttura possibile di accoglienza. In caso di emergenza improvvisa, straordinaria e di grandi dimensioni, qualcuno parla anche di «requisire» gli immobili necessari: misura estrema, ultimo mezzo a cui ricorrere, ma a disposizione, comunque, dei prefetti. La tensione è alta perché, al di là delle resistenze di comuni e regione Sicilia – all'incontro c'era anche il presidente, Raffaele Lombardo – il timore del Viminale è che la situazione da un momento all'altro precipiti. A farsi portavoce delle perplessità dei primi cittadini della zona è stato il sindaco di Mineo, Giuseppe Castania: «Riteniamo che il nostro territorio non possa dare i riscontri che questo progetto richiede». A Castania ha fatto eco il sindaco di Caltagirone, Francesco Pignataro, secondo il quale «la migliore soluzione è ospitare 300-400 immigrati all'interno delle comunità. Diciamo no, invece, all'idea di portarne 2mila, forse più, perché ciò creerebbe una riserva indiana con seri problemi di ordine pubblico all'interno e nel territorio circostante, compresi i centri vicini». Di avviso diverso il presidente della provincia, Giuseppe Castiglione. «Questo patto integrativo per la sicurezza – ha detto – risponde alle tante preoccupazioni dei sindaci circa i reati che si possono perpetrare. La preoccupazione non esiste perché sarà garantita la massima sicurezza». E si aspettano anche le risposte da Bruxelles e l'impegno di Frontex, l'agenzia europea per le frontiere, di cui però – a parte qualche uscita mediatica – si è visto ancora ben poco. Intanto, con il lavoro al Viminale della direzione centrale della polizia delle frontiere, si abbattono i numeri degli immigrati presenti a Lampedusa: sono ormai poco più di 400 circa, erano arrivati oltre 2mila disperati.