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Migliora l'integrazione degli immigrati in Occidente ma c'è ancora da fare. Svezia al top, Italia decima

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2011 alle ore 12:30.

I miglioramenti, rispetto agli anni precedenti, ci sono. Ma le politiche adottate continuano comunque ad essere «solo parzialmente favorevoli all’integrazione». A scriverlo è la terza edizione del Mipex, lo studio che calcola l’indice delle politiche per l’integrazione degli immigrati regolari di 31 Paesi dell’Europa e del Nord America realizzato dal British Council, dal Migration policy group e dalla Fondazione Ismu (per quanto riguarda l’Italia).

«Con un punteggio medio intorno al 50% – dicono i curatori – le politiche nell’insieme creano ai migranti tanti ostacoli quante sono le opportunità di diventare membri paritari della società». Tradotto: se da un lato esiste una normativa inclusiva per quanto riguarda i lavoratori stranieri, le famiglie ricongiunte e i soggiornanti di lungo periodo, dall’altro resistono le barriere quando si tratta di acquisizione della cittadinanza, coinvolgimento nella partecipazione politica e parità di opportunità nel processo di formazione scolastica.

La classifica generale. La Svezia si conferma al primo posto, con una percentuale molto elevata (83%). Seguono il Portogallo, il Canada e la Finlandia. L’Italia si piazza decima, con un valore superiore alla media dei paesi europei. I migranti beneficiano di politiche leggermente favorevoli anche in Belgio, Olanda, Lussemburgo e Spagna. Mentre Germania e Regno Unito, pur essendo comunque in campo “positivo”, sul fronte immigrazione fanno peggio del nostro paese. Chiudono la classifica Slovacchia, Cipro e Lettonia.

Mobilità del mercato del lavoro. Nella maggior parte dei trentuno paesi coinvolti vengono garantiti agli immigrati uguali diritti. Ma metà degli stati analizzati non assicurano le stesse coperture sociali, messe a disposizione dei connazionali, agli stranieri che lavorano e versano le tasse. La Svezia fa da modello con il suo punteggio pieno, l’Italia è decima. Il nostro paese, secondo il dossier, nell’accesso al mercato del lavoro tratta gli stranieri regolari quasi come quelli comunitari. Ma restano gli ostacoli per quanto riguarda l’equiparazione delle qualifiche tra migranti e italiani. Regno Unito, Svizzera e Francia fanno peggio di noi e sono anche sotto la media Ue.

Ricongiungimento famigliare.

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Tags Correlati: America del Nord | Benelux | British Council | Fondazione Ismu | Francia | Immigrazione | Italia | Migration | Portogallo | Svezia

 

Secondo lo studio buona parte dei paesi garantisce uguali diritti alle famiglie extracomunitarie che domandano il ricongiungimento famigliare. Ma gli stessi paesi chiedono di soddisfare molti più requisiti rispetto al resto della popolazione per quanto riguarda voci come il reddito, i test da superare e l’età.  Il Portogallo fa meglio di tutti. L’Italia raggiunge il sesto posto. Le famiglie non comunitarie trovano nel nostro paese «leggi nuove e favorevoli», «ma le condizioni attuali continuano ad essere sfavorevoli». Soprattutto perché è difficile trovare un alloggio e un lavoro legale.

Istruzione. Dove i trentuno paesi fanno, mediamente, peggio è il campo dell’istruzione. Lo studio sottolinea che «le politiche in atto non rispondono, in generale, ai bisogni delle nuovi generazioni di studenti stranieri». Le scuole che hanno programmi destinati a sostenere questa categoria continuano ad essere poche e nella classifica sono solo sei i paesi (su 31) che hanno politiche inclusive. Gli stati più impegnati sul fronte scolastico sono quelli del Nord America, quelli scandinavi e del Benelux. La Svezia fa meglio di tutti. L’Italia precipita al diciannovesimo posto e fa peggio della Grecia (ma meglio della Francia).

Partecipazione politica e cittadinanza. Il giudizio finale è negativo anche sul coinvolgimento politico dei migranti. Anche se si inizia a vedere qualche cambiamento sul diritto di voto, sulla doppia cittadinanza e sullo ius soli. Cambiamenti che però non modificano il quadro generale: la normativa in vigore nella maggior parte dei paesi «non incoraggia gli immigrati ad essere parte attiva della vita politica e a ottenere piena cittadinanza». L’Italia paga il fatto di essere una nazione di recente immigrazione e si piazza al quattordicesimo posto nella classifica sulla partecipazione politica, al settimo in quella sull’accesso alla cittadinanza.

Antidiscriminazione. L’Europa, in questo campo, ha registrato i progressi maggiori. Grazie soprattutto alla legge antidiscriminazione varata a livello comunitario. Ma i ricercatori fanno notare che restano ancora poche le politiche attive e le istituzioni preposte alla promozione dell’eguaglianza. Canada e Stati Uniti si dividono il primato in classifica. Subito sotto c’è la Svezia. Fanno bene anche Bulgaria (sesta), Ungheria (decima) e Romania (undicesima). Più giù, al quindicesimo posto, c’è l’Italia. Il nostro viene comunque considerato un paese con politiche antidiscriminazione «leggermente favorevoli».

Tutti i dati sono disponibili, per ogni singolo paese, sul sito ufficiale del Mipex (www.mipex.eu, in inglese). All’interno c’è anche la possibilità non solo di effettuare paragoni, ma anche di realizzare nuovi scenari possibili, giocando sugli oltre duecento indicatori politici e cercando di capire come si potrebbe intervenire per migliorare la normativa in materia di immigrazione e inclusione sociale.

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