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Nodo energia per la Ue alla ricerca di alternative

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2011 alle ore 06:46.


A ogni accenno di crisi nelle aree di rifornimento energetico circostanti – negli anni scorsi i frequenti contenziosi tra Russia, Ucraina e Bielorussia, che hanno spesso bloccato l'erogazione di gas verso Occidente; oggi il possibile arresto delle forniture d'idrocarburi da alcuni paesi del Medio Oriente e del Nordafrica in rivolta – tornano inesorabili in Europa le geremiadi sulla debolezza del Vecchio continente in materia d'importazioni energetiche e sulla sua incapacità di adottare concreti correttivi che limitino, se non la dipendenza, almeno l'incertezza delle forniture. E sul rischio di un'eccessiva subalternità a un produttore dominante, di solito identificato nella Russia, da cui proviene il 30% del petrolio e il 31,2% del gas importato in Europa via pipeline.
Il problema, noto da decenni, si sa che è certamente destinato ad aggravarsi, non a migliorare. Secondo un recente studio della Brown University, uno dei più antichi atenei Usa, all'orizzonte del 2030 l'Europa dovrà importare il 90-93% del suo fabbisogno di greggio e l'80-84% di quello di gas, contro un livello attuale del 74% e 40% rispettivamente. Ma se ci avviamo a un inesorabile aumento della nostra dipendenza, che senso ha cavillare se essa sarà verso una regione piuttosto che un'altra? Non sarà forse vitale procurarsi una materia prima che diventerà sempre più preziosa e contesa, invece di sottilizzare su vizi e virtù del fornitore?
In realtà, importare dalla Russia invece che dal Medio Oriente (o ancora da un terzo fornitore, africano o scandinavo) può fare una differenza importante. Quella, per esempio, che corre tra la ragionevole sicurezza che i contratti siano onorati (cosa che varie volte non è accaduta con la Russia, ma per colpa dell'Ucraina) e la probabilità, invece, che periodicamente qualche intoppo extra-economico (l'instabilità politica, la fragilità di regimi autoritari, i contenziosi legali e così via) metta a repentaglio la fornitura. Proprio come sta accadendo ora con la Libia o come potrebbe accadere domani con tutto il golfo Persico per il petrolio o con Algeria, Qatar e Nigeria per il gas.
L'Europa ha il curioso destino di trovarsi a portata di pipeline con due tra le regioni più ricche al mondo d'idrocarburi (l'ex Urss e il Medio Oriente vantano rispettivamente il 10% e il 56,6% delle riserve mondiali accertate di petrolio e il 30,5% e 40,6% di quelle di gas), ma di non avere la certezza di forniture sicure nel tempo: l'affidabilità delle due grandi aree di produzione è infatti, per motivi diversi, non troppo elevata. Ma se nel caso del petrolio una partita di greggio è sostituibile con facilità ricorrendo al mercato spot (è noto che il carico di una petroliera, nel suo viaggio dal golfo Persico a Rotterdam, può cambiare molte volte proprietario), per il gas, erogato via pipeline, la rigidità dei contratti (quantità certe, spesso con accordi cosiddetti take or pay che non lasciano margini di scelta ed elasticità al cliente; periodi pluriennali di fornitura; meccanismo dei prezzi molto più rigido) di fatto comprime la possibilità di scelta. L'esiguità del mercato Lng (Gas naturale liquefatto, il solo teoricamente commerciabile sul mercato libero come il carico di una petroliera), con soli 242,77 miliardi di metri cubi scambiati nel 2009 nel mondo, pari al 27,7% degli 876,54 miliardi globalmente esportati, riduce a fondo la possibilità di scelte alternative.

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Tags Correlati: Algeria | Arabia Saudita | Azerbaigian | Brown University | Libia | Medio Oriente | Opec | Prodotti e servizi | Russia | Ucraina

 

Dunque, ancora una volta, per l'Europa le opzioni energetiche paiono ridursi al trinomio Russia, Medio Oriente, Nordafrica, più una miriade di piccoli fornitori occasionali sparsi nel mondo (vedi la mappa a lato). L'Europa già ora, nella scelta delle sue forniture, si muove seguendo una logica di ripartizione dei rischi. E lo stesso fa l'Italia, sia per il gas (un terzo ciascuno da Algeria, Russia e resto dei fornitori), sia per il greggio (ancora un terzo da Medio Oriente ed ex Urss e un quarto dalla Libia). Ma suddividere i rischi basta a evitare brutte soprese? Ovviamente no, anche se finora non si è trovata una soluzione migliore. E tutti i grandi importatori, dagli Usa alla Cina e ormai anche l'India, adottano la stessa linea prudenziale: divide et...consuma.
Il fatto è che questa formula può funzionare a condizione di avere a portata di mano produttori alternativi capaci di disporre di greggio marginale da gettare sul mercato. È quanto si può verificare ora se la quantità eventualmente da sostituire è limitata come quella libica (1,2 milioni di barili/giorno nel 2010, ma 1,58 mb/g all'inizio del 2011). La capacità estrattiva inutilizzata (una riserva prudenziale che si può attivare in un mese e mantenere per almeno 90 giorni continuativi) per la sola Opec, è infatti attualmente di 5,15 mb/g, in gran parte (3,5 mb/g) concentrata nell'Arabia Saudita. Assai più complesso diverrebbe il quadro se a questa carenza si sommasse quella algerina (1,27 mb/g costanti). Catastrofico se a mancare, anche solo in parte, fosse proprio la produzione saudita (circa 8,5 mb/g).
Ma non basta. Il petrolio libico è di ottima qualità (tra 26° e 44° Api, l'unità di misura della leggerezza), ma proprio perciò è rimpiazzabile, per la raffinazione, solo da greggi analoghi, oggi difficili da reperire sui mercati mondiali: solo alcuni algerini, sauditi, nigeriani e azeri sono compatibili. Ma, sfortuna vuole, la produzione della Nigeria da alcuni anni è spesso ridotta per la guerriglia che affligge le sue zone estrattive, mentre quelle saudite e algerine potrebbero mancare in parte o del tutto. Resta il greggio dell'Azerbaigian: ma è poco e costa assai portarlo attraverso il mar Nero. Mentre i suoi tre oleodotti di esportazione sono ormai saturi. A volte la scelta della qualità rischia di non pagare.
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MILIARDI DI BARILI
Sono le riserve di petrolio dei quattro produttori del Nordafrica (Egitto, Libia, Tunisia e Algeria) al 1° gennaio 2010 (4,6% del totale mondiale). La regione ha fornito il 12,9% dell'import totale Ue dei primi 8 mesi del 2010. I greggi di Libia e Algeria sono tra i migliori al mondo per leggerezza (oltre 40° Api)
MILIARDI DI METRI CUBI
Sono le riserve accertate di gas dei quattro paesi produttori del Nordafrica, pari al 4,57% del totale mondiale. L'importazione dalla regione nel 2009 è risultata di 39,19 miliardi di metri cubi via pipeline e di 28 miliardi di metri cubi di Lng (Gas naturale liquefatto) mediante navi metaniere
DOLLARI AL BARILE
È il prezzo medio delle importazioni totali di greggio effettuate dalla Ue a 27 nei primi otto mesi del 2010. La forbice dei prezzi è andata dai 67,42 dollari al barile delle 590mila tonnellate di petrolio ucraino ai 79,69 dollari degli oltre 94 milioni di barili di "Bonny Light" nigeriano

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