Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2011 alle ore 13:00.

My24

L'appoggio morale e politico della comunità internazionale potrebbe non bastare ai ribelli libici costretti a fare i conti con le scarse capacità militari dei volontari della Cirenaica e dei militari ammutinatisi al regime di Gheddafi, evidentemente non tutti disponibili a combattere contro i commilitoni ancora fedeli al governo. Secondo diverse fonti, infatti, molti soldati che hanno ceduto le armi ai ribelli sarebbero tornati alle proprie case lasciando sguarnite le difese nel momento in cui Gheddafi sembra aver scatenato una controffensiva nella zona di Brega, dove la città sarebbe stata espugnata dai governativi e poi ripresa dai rivoltosi.

Brega e Agedabia (qui sono stati registrati raids aerei) sono punti strategici per i contendenti (lo erano anche durante lo scontro tra italo-tedeschi e britannici nella Seconda guerra mondiale) per lanciare offensive su Bengasi o Tripoli. Pressati dai lealisti, i vertici dei rivoltosi riunitisi a Bengasi stanno valutando di chiedere all'Onu attacchi aerei contro le truppe di Gheddafi. «Non c'è equilibrio tra le nostre forze e quelle di Gheddafi», ha dichiarato Salwa Bughaighi, una portavoce della "Coalizione della Rivoluzione del 17 Febbraio" che raggruppa le diverse formazioni dell'opposizione.

Altre personalità, che hanno partecipato ieri al vertice tra leader dissidenti, in forma riservata hanno riconosciuto che sta prevalendo la posizione di chi vorrebbe chiedere raid aerei dall'estero contro obiettivi strategici in Libia, magari sotto la supervisione delle Nazioni Unite: qualcosa di simile a quanto a suo tempo avvenne in Iraq o nel Kosovo, che peraltro in via ufficiale continua a essere escluso. «È una questione sulla quale gli organizzatori del vertice si sono trovati d'accordo», hanno spiegato alcuni testimoni del dibattito, aggiungendo che elementi al riguardo «sono stati lasciati filtrare presso l'opinione pubblica, così da saggiarne la reazione». «Finora, hanno precisato, i segnali sono stati per lo più positivi. Ci servono interventi di tipo logistico, contro installazioni radar e centri per le comunicazioni», hanno proseguito le stesse fonti. «Noi abbiamo la volontà di combattere Gheddafi, ma è lui il più forte».

Improbabile che l'Onu avvalli un intervento militare diretto
Una richiesta ufficiale di raids aerei e aiuti militari potrebbe essere imminente, specie se la controffensiva di Gheddafi dovesse minacciare Bengasi ma è improbabile che l'Onu avvalli un intervento militare diretto e la ventilata "no-fly-zone" è osteggiata da Russia e Cina e richiederebbe comunque molti giorni per essere attivata. Se l'Onu lo chiederà la Nato è pronta a prendere in considerazione questa ipotesi, ha detto il segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Anders Fogh Rasmussen, in un'intervista alla Cnn ma i tempi utili per aiutare i ribelli libici potrebbero diventare molto stretti. Londra e Washington potrebbero rispondere all'appello di Bengasi con un'iniziativa autonoma, giustificata dalla necessità umanitaria di impedire massacri, rappresaglie e distruzioni che potrebbero coinvolgere anche gli impianti petroliferi. Il premier David Cameron ha già detto più volte di voler tenere sotto pressione Gheddafi e di aver chiesto ai vertici militari britannici di preparare piani per ogni evenienza.

Gli Stati Uniti possono contare sulla base di Sigonella
A Washington le dichiarazioni politiche restano caute circa un intervento militare in Libia ma il Pentagono ha fatto notare che l'instaurazione di una "no-fly-zone" richiederebbe raids preventivi contro le difese aeree di Gheddafi. Anche se fonti militari statunitensi precisano che «il presidente non ha ancora preso decisioni sull'uso di mezzi bellici» l'Us Navy sta mobilitandosi e diverse navi sono attese nei prossimi giorni nelle acque libiche. Un gruppo anfibio composto da tre navi è in arrivo a Suez dal Mar Rosso guidato dalla portaelicotteri da assalto anfibio ‘Kearsage' con 2 mila marines, una trentina di elicotteri e 5 cacciabombardieri Harrier ma potrebbe presto entrare nel Mediterraneo anche la portaerei Enterprise, ora nell'Oceano Indiano, che imbarca una cinquantina di cacciabombardieri F/A-18. In caso di necessità gli Stati Uniti possono comunque contare sulla base aerea siciliana di Sigonella, considerata la disponibilità italiana a ''non dare tregua al regime di Gheddafi" come ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri Franco Frattini.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi