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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2011 alle ore 14:40.

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Gheddafi durante il suo discorso televisivo a TripoliGheddafi durante il suo discorso televisivo a Tripoli

Chi ha armato la Libia di Gheddafi? L'Italia è l'esportatore numero uno tra i paesi dell'Unione europea. Le statistiche Ue sulle vendite di armi alla Libia sono pubblicate sul Datablog del Guardian. Nei cinque anni dal 2005 al 2009, l'Italia è il primo esportatore Ue, con licenze d'esportazione per un valore complessivo di 276,7 milioni euro. Nello stesso periodo, le licenze d'esportazione totali dell'Ue hanno raggiunto un valore di 834,5 milioni di euro. L'Italia è seguita da Francia (210,15), Gran Bretagna (119,35) e Germania (83,48).

«Gli stessi quattro paesi che avevano guidato nel 2004 la spinta per la revoca dell'embargo Ue», nota Dan O'Huiginn, che ha scovato i dati nel sito web eur-lex.europa.eu. Il Guardian avverte tuttavia che si tratta di licenze d'esportazione e che quindi le vendite reali potrebbero essere inferiori. Subito dopo la revoca dell'embargo sulle vendite di armamenti verso la Libia, nell'ottobre del 2004, la Gran Bretagna ha cominciato alla grande, con 58,9 milioni di euro su un totale di 72,2 milioni nel 2005. L'Italia ha man mano aumentato la propria quota. Nel 2009, l'anno il cui le licenze d'esportazione hanno toccato l'importo più alto, 343,7 milioni di euro, l'Italia ha totalizzato 111,8 milioni di euro. Nel 2009 Gran Bretagna e Francia hanno l'export di armamenti più vario, compresi agenti chimici e biologici tossici e materiali radioattivi. Malta avrebbe visto transitare nel 2009 fucili per 79,7 milioni di euro in rotta verso la Libia, "apparentemente venduti tramite una società italiana".
La posizione sulla crisi libica dell'Italia, ex potenza coloniale, legata a alla Libia da importanti interessi economici e commerciali, è tra i problemi più analizzati dai media esteri. "L'Italia e Silvio Berlusconi di fronte al dilemma libico", titola la Bbc.

L'Italia "un tempo governava la Libia col pugno di ferro" e ora affronta questioni difficili sul suo atteggiamento verso la rivolta libica e sui suoi affari con Gheddafi, scrive il corrispondente della Bbc Duncan Kennedy. L'analisi della Bbc ricorda che l'Italia ha reagito con cautela e solo negli ultimi giorni ha adottato un approccio più "robusto", sospendendo il trattato di amicizia con la Libia e ammorbidendo la resistenza alla "no-fly zone".
Ora Roma dice che la "no-fly zone" è un'opzione "importante", anche se non ancora "imperativa". "Non è solo semantica diplomatica. Gli italiani – spiega la Bbc - dicono che è necessaria un'ulteriore riflessione poiché una no-fly zone farebbe salire in modo significativo il livello di intervento internazionale". Gli italiani sono "partner leali" della Nato, dell'Ue e dell'Onu, ma sono anche pratici della politica del mondo reale, un mondo nel quale "dicono che i loro interessi non possono essere ignorati" e avvertono che "si potrebbe uccidere il paziente prescrivendo la medicina sbagliata".

La cautela chiesta da Berlusconi sulla no-fly zone è segnalata anche dal Times e da altri media stranieri, mentre i giornali economici puntano i riflettori sul congelamento degli asset libici.
"L'Italia si prepara a congelare le partecipazioni libiche", sottolinea il Financial Times.
Partecipazioni nelle società italiane del valore di miliardi di euro potrebbero essere congelate da Roma in quella che il Ft chiama la "tardiva rottura" con il regime di Gheddafi. L'Italia è stata "più lenta" di Usa e Uk nell'imporre sanzioni sulle finanze libiche ma nega le affermazioni provenienti da Bruxelles secondo cui Roma avrebbe bloccato
un'iniziativa Ue per congelare gli asset di entità libiche oltre che quelli personali.
L'Unione europea, scrive il Ft, ha annunciato divieti di viaggio e il congelamento dei beni per i membri della famiglia Gheddafi, ma – a differenza degli Usa - non ha incluso la Libyan Investment Authority o altre entità governative, decisione che ha destato "preoccupazioni sull'efficacia delle sanzioni". Il ministero degli Esteri italiano dice però di essere "molto aperto in linea di principio all'idea" che il congelamento degli asset delle entità faccia parte delle sanzioni concordate. Il Ft ricorda le partecipazioni libiche in Unicredit, Finmeccanica, Juventus ed Eni.

"Roma studierebbe il congelamento delle partecipazioni di Tripoli in gruppi italiani" è il titolo di un lancio Afp pubblicato sul sito di Les Echos e altri giornali francesi.
"La Banca d'Italia vuole congelare asset libici" riferisce in una breve l'agenzia americana Bloomberg, ripresa tra gli altri sul sito del San Francisco Chronicle, che (citando Mf) fa riferimento a una lettera inviata alle banche dall'istituto di Via Nazionale per chiedere di segnalare le operazioni sospette e i rapporti con i membri della famiglia Gheddafi e del governo della Libia.
Un blog del Wall Street Journal mette in evidenza che Germania e Austria hanno congelato i beni legati alla famiglia Gheddafi e aggiunge che l'Ue sta considerando il congelamento degli asset di società legate al regime di Gheddafi. Secondo quanto ha detto all'Afp un diplomatico europeo (di cui non si fa il nome) i paesi che hanno molte società con azionisti libici, come Uk, Francia, Germania e Italia sarebbero favorevoli a tale congelamento. "Gli italiani in particolare temono che i libici svendano le loro partecipazioni a prezzi stracciati per avere accesso a denaro fresco".

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