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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2011 alle ore 07:59.

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Una "no-fly zone" a copertura del cielo libico dalla costa fino a qualche centinaio di chilometri all'interno può essere messa in opera in tempi brevi concentrando i jet nelle basi siciliane di Trapani e Sigonella, in quella di Suda Bay (Creta) e su portaerei.
La contrarietà di Russia e Cina e lo scetticismo francese potrebbero rendere impossibile l'approvazione di una risoluzione delle Nazioni Unite che autorizzi la missione. Un aspetto che potrebbe non impedire agli anglo-americani di rispondere con operazioni unilaterali alle richieste di aiuto dei rivoltosi libici che lamentano la superiorità dei mezzi militari e aerei delle forze fedeli a Gheddafi. La no-fly zone prevede che i caccia alleati sorvolino la Libia impedendo ai jet e agli elicotteri governativi di attaccare i ribelli, ma fonti militari statunitensi (incluso il generale James Mattis, alla testa del Central Command) hanno precisato che prima dei pattugliamenti è necessario distruggere i centri radar, le basi missilistiche e i caccia Mig e Mirage di Gheddafi, poche decine di vecchi velivoli non tutti operativi.

Un attacco preventivo per spazzare via l'aeronautica libica costituirebbe però una forzatura e renderebbe poi superflua l'instaurazione della zona interdetta al volo. Negli anni scorsi le no-fly zone su Bosnia e Iraq hanno visto a volte l'uso delle armi ma solo contro postazioni missilistiche che inquadravano i jet anglo-americani o tentavano di abbatterli.

L'operazione "Deny Flight" venne istituita dalla Nato sulla Bosnia nel 1993 per impedire ai serbi di impiegare i loro velivoli contro i musulmani.

Coordinata con i caschi blu schierati sul terreno, non impedì il successo delle offensive terrestri serbe stroncate nel 1995 dai raid aerei alleati dell'operazione "Deliberate Force". Risultati parziali ottennero anche le no-fly-zone imposte nel 1991-92 sui territori settentrionali e meridionali iracheni per impedire ai velivoli di Saddam Hussein di colpire i miliziani curdi e sciiti. Le operazioni "Northern Watch" e "Southern Watch" tennero sotto pressione Baghdad fino all'invasione del marzo 2003.

Imporre una no-fly zone sulla Libia potrebbe richiedere l'impiego di una cinquantina di caccia e di un nutrito gruppo di velivoli di supporto: dagli elicotteri di soccorso/combattimento per raccogliere i piloti di eventuali jet abbattuti alle cisterne volanti per rifornire i caccia, fino agli aerei radar Awacs necessari a esplorare lo spazio aereo libico e individuare i velivoli di Gheddafi. Bloccare al suolo le forze del raìs di Tripoli potrebbe però non risultare decisivo per le sorti del conflitto anche perché finora i jet libici hanno svolto un ruolo bellico limitato a intimidire gli avversari e a distruggere alcuni depositi di armi. (Gi.Ga.)

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