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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2011 alle ore 06:37.

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RAS AJDIR. Dal nostro inviato
«Libia tutto ok. Gheddafi ok», grida il propagandista con tutto il fiato che ha in gola. Con un manipolo dei suoi, bandiere verdi e ritratti del colonnello, è venuto a fare un po' di cinema per i giornalisti, nella terra di nessuno dove il giorno prima gemevano migliaia di profughi in attesa di passare in Tunisia.
Va tutto bene in Libia ma cosa c'è esattamente oltre la frontiera? Quante migliaia di disperati aspettano ancora? Da Ginevra l'Agenzia Onu per i rifugiati, l'Unhcr, parla di una fila lunga chilometri. Qualcuno dice 60mila persone, forse di più. Ma qui, in Svizzera e a Roma, le cifre vengono date a spanne. Una nuova ondata di profughi è "imminente", "potenziale", "ipotetica". Alla fine decide Gheddafi come e quando scaricare il problema sui coraggiosi tunisini e sulla comunità internazionale. In attesa di un domani così incerto, la situazione al confine di Ras Ajdir resta pesante ma si stabilizza. Prima che arrivassero i propagandisti di Gheddafi, nella terra di nessuno fra le due dogane erano rimasti un migliaio di bengalesi in ordinata attesa. Uno di loro, Mohammed Ashran, con un megafono li organizzava in file silenziose in attesa di essere chiamati dai doganieri tunisini. «Siamo qui da cinque giorni», spiega Mohammed accanto a una bandiera del Bangladesh. «Lavoravo in un cantiere edile cinese. Un giorno i responsabili ci hanno detto che chiudevano e se ne andavano. Dovevamo arrangiarci. Ora siamo qui e chiediamo che qualcuno ci aiuti a tornare a casa».
Come una specie di onda, l'emergenza che martedì era qui alla frontiera, si è spostata qualche chilometro più a Ovest, al campo di transito. Ma già ieri pomeriggio dalla tendopoli decine di pullman portavano i profughi egiziani ancora più a Occidente, al porto di Zarzis dove era arrivata una nave militare da Alessandria. Ne sono previste altre in questi giorni. E gruppi di profughi cinesi bivaccano già all'aeroporto di Jerba. Lentamente vanno tutti a casa. È quello che chiedono le autorità tunisine: non tendopoli e ospedali da campo ma navi e aerei per riportare tutta questa gente a casa sua.
Spiega meglio Firas Kayal, portavoce dell'Unhcr in questo posto fra disperati: «Abbiamo lanciato il Programma comune umanitario di evacuazione. Stiamo offrendo a tutti i governi di partecipare. Dalla frontiera tunisina sono passati 85mila profughi, alcuni sono già in viaggio, la maggioranza è ancora qui. Ma ci preoccupano gli 11mila, forse molti di più, rimasti dentro la Libia senza un'ambasciata che li aiuti: eritrei, somali, iracheni, palestinesi. Hanno paura di essere scambiati per mercenari e non escono di casa. Non hanno più nulla da mangiare». Una tragedia nella grande tragedia.
Per il ministro Maroni i profughi passati in Tunisia o ancora in Libia sono già tutti "clandestini", nel senso che invaderanno Lampedusa e il suolo italiano. Invece sono due vicende separate: sovrapposte ma diverse. L'altra storia avviene più sommessamente su una spiaggia di Zarzis, 80 chilometri a Ovest di Ras Ajdir. È ormai il tramonto. «Domani a quest'ora parte un'altra barca per Lampedusa», dice Mohammed il Mediatore. «Una settantina di uomini. Aspettiamo che il tempo migliori e che la polizia venga distratta dai profughi della Libia». Chi sono i clandestini? «Gente di Tataui, di Ben Garden, di Zarzis. Tutti tunisini. Mille e 800 euro che pagheranno domani, qui, sulla spiaggia». Mohammed è solo il contatto fra loro e i padroni delle barche. «Lo faccio per la mia gente, io non prendo nulla. Non parto anch'io perché mi sono appena sposato e ho un lavoro». Il vento freddo sta calando, le onde che arrivano sulla spiaggia sono sempre più innocue. Conoscere il problema, evitando d'ingigantirne la portata, è sempre il modo migliore per affrontarlo. Altri 70 tunisini stanno per arrivare in Italia. Una nave militare, intanto, sta portando 1.300 egiziani ad Alessandria, a casa loro.
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IN ATTESA

60.000
Profughi al confine
Da Ginevra l'Agenzia Onu per i rifugiati, l'Unhcr, parla di una fila lunga chilometri. Si ipotizzano almeno 60mila persone al confine con la Tunisia
1.800 euro
Il viaggio verso l'Italia
È il costo – racconta il mediatore Mohammed – che una settantina di uomini pagherà per il prossimo viaggio verso l'Italia dalla spiaggia tunisina di Zarzis. «Aspettiamo che il tempo migliori» dice.

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