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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2011 alle ore 13:36.
«La Nato non prevede di intervenire militarmente in Libia ma si prepara ad ogni eventualità»: lo ha detto oggi il segretario generale dell'Alleanza, Anders Fogh confermando che la richiesta di aiuto formulata ieri dai ribelli libici è stata registrata dall'Alleanza Atlantica . «Vorrei sottolineare che la Nato non ha intenzione di intervenire in Libia ma come organizzazione di difesa e sicurezza dobbiamo prudentemente pianificare per far fronte a ogni evenienza».
Le spaccature e i distinguo all'interno dei partners Nato circa un possibile intervento militare in Libia costringono Rasmussen a mantenere un basso profilo. La Francia è scettica nei confronti dell'efficacia di una ‘no fly zone' che impedisca all'aeronautica di Gheddafi di bombardare i ribelli, opzione che sembrava piacere a Casa Bianca e Downinng Street ma che ieri è stata messa in discussione dal segretario alla Difesa, Robert Gates, che ha messo in guardia circa i costi, il numero di mezzi necessario a bloccare i cieli libici e la necessità di condurre attacchi preventivi contro le forze radar, aeree e missilistiche di Gheddafi.
Anche l'Italia sembra smarcarsi da un intervento militare sulla "quarta sponda". Il Ministro degli esteri, Franco Frattini l'ha definita "un'ipotesi che ha già sollevato le perplessità della Lega Araba. Escludo categoricamente che l'Italia possa partecipare ad un'azione militare in Libia, per ovvi motivi legati al nostro passato coloniale. Al massimo, potremmo dare la disponibilità logistica delle nostre basi, ma anche in questo caso occorre un chiaro mandato internazionale dell'Onu. E, comunque, qualsiasi tipo d'azione deve tener presente il delicato contesto politico e culturale del mondo arabo''.
Le perplessità di molti Stati membri sembrano quindi tagliare fuori la Nato da un coinvolgimento nella crisi libica mentre le resistenze di Russia e Cina al Consiglio di Sicurezza rendono improbabile al momento una risoluzione che autorizzi l'uso della forza contro i governativi libici. Anche l'Unione Europea pare non avere fretta di prendere decisioni sulla gestione della crisi libica considerato che terrà solo l'11 marzo un vertice straordinario per esaminare la situazione in Libia, Tunisia ed Egitto e il giorno prima si riuniranno informalmente i ministri degli esteri dei 27. Le opzioni più probabili sul piano militare restano due. Se la crisi dovesse prolungarsi potrebbe essere dispiegata una forza navale che garantisca il rispetto dell'embargo sulle forniture di armi alle forze di Gheddafi decretato dall'Onu. Missione già accennata nei giorni scorsi dal ministro della Difesa, Ignazio La russa, che parlò di una forza di sedici navi tra le quali alcune italiane. Un intervento diretto sul territorio libico a sostegno degli insorti, che ieri hanno chiesto aiuti militari, potrebbe venire organizzato in modo unilaterale dagli anglo-americani facendo leva anche sulla necessità umanitaria di impedire a Gheddafi di bombardare la Cirenaica, colpire i civili e distruggere gli impianti petroliferi.
Quattrocento marines del primo battaglione sono arrivati ieri a Creta dalla North Carolina. Dalla base statunitense nella Baia di Suda verranno trasferiti nei prossimi giorni sulle navi del gruppo anfibio entrato ieri nel Mediterraneo da Suez e composto da tre navi tra le quali la portaelicotteri Kearsage
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