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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2011 alle ore 06:39.

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NEW YORK. Dal nostro inviato
Articolo 114 del Codice militare americano: collusione con il nemico. È questo il più grave dei 22 nuovi capi d'imputazione ai quali sarà chiamato a rispondere Bradley Manning, il 23enne analista di intelligence accusato di aver passato al fondatore di WikiLeaks a Julian Assange una mole straordinaria di documenti digitali degli archivi elettronici del Pentagono e del Dipartimento di Stato. Secondo l'istruttoria appena depositata, alcuni dei documenti diffusi da WikiLeaks avrebbero infatti contenuto nomi di informatori e collaboratori delle Forze Armate americane in Afghanistan, tutte persone che dopo la fuga di notizie avrebbero rischiato la vita.
Un gradino sotto al tradimento, l'articolo 114 dice che «chi fornisce intelligence o comunica, direttamente o indirettamente, con il nemico» è punibile «con la morte o un'altra punizione decisa da una corte marziale o commissione militare». La procura militare si è affrettata a precisare che non chiederà la pena capitale. Ma, almeno in teoria, non si può escludere che la corte marziale decida di infliggerla comunque.
Dopo averlo arrestato nel luglio scorso, la Procura militare aveva già contestato a Manning 12 capi d'imputazione, sufficienti a mantenerlo in stato di detenzione e isolamento in una base dei Marines a Quantico, in Virginia.
Queste nuove accuse, e la seppur teorica minaccia della pena capitale, potrebbero essere un tentativo di aumentare la pressione e spingerlo a patteggiare la pena. O forse addirittura a testimoniare in un futuro procedimento contro Assange.
Pare certo, e non difficile da provare, che sia stato Manning ad appropriarsi di dispacci diplomatici, comunicazioni militari e video digitali messi in internet da WikiLeaks a partire dall'anno scorso. Non solo perché, in quanto analista di intelligence, aveva accesso alla Secret Internet Protocol Router Network, o Siprnet, la rete internet che il Pentagono condivideva all'epoca (ora non più) con il Dipartimento di Stato da cui si sospetta siano stati prelevati i file. Ma soprattutto perché è stato lui a confessarlo ad Adrian Lamo, l'ex hacker che lo ha denunciato alle autorità americane.
Il problema per la procura militare è di provare che Manning abbia inteso aiutare il nemico. Su questo punto lo stesso Lamo potrebbe rivelarsi un testimone per la difesa. «La punizione deve essere adeguata al reato» ha commentato ieri l'ex hacker. «E le intenzioni di Manning, seppur sbagliate, non erano malevoli. Voleva un governo più trasparente». Gli avvocati di Manning cercheranno di costringere l'accusa a dimostrare quali specifici benefici abbiano tratto forze nemiche degli Stati Uniti. «Abbiamo raggiunto il massimo dell'ironia», dice Jeff Paterson, direttore del Courage to Resist, una Onlus che ha raccolto fondi per la difesa di Manning. «Un cittadino americano rischia oggi l'esecuzione - o l'ergastolo - per aver messo in rete documenti che hanno contribuito a liberare buona parte del mondo arabo».
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L'IMPUTATO

La talpa
Incarcerato da mesi a Quantico in Virginia, Bradley Manning (nella foto),il giovane militare sospettato dagli Stati Uniti di essere la talpa di Julian Assange, dovrà rispondere di altri 22 capi di imputazione oltre ai 12 che già formulati, tra cui quello di «collusione con il nemico», per aver rivelato i nomi di informatori e collaboratori delle Forze Armate americane in Afghanistan
Manning avrebbe fornito a WikiLeaks migliaia di documenti riservati
Il reato
È un reato gravissimo, passibile della pena di morte, anche se il procuratore militare non ha intenzione di richiederla
Se riconosciuto colpevole, Manning (23 anni) rischierà il carcere a vita. «, ha detto Morell ricordando di essere stato lui stesso a verificare lo stato di Manning nel carcere militare della Virginia
Manning ha sporto denuncia contro le sue condizioni di detenzione, chiedendo la revoca del regime di isolamento con sorveglianza permanente, per impedire che si tolga la vita

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