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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2011 alle ore 06:45.

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MOSCA
«Mio figlio è molto abile a trovare le offerte migliori, lavora vicino a un supermercato della catena "Il 7° Continente" perciò tiene d'occhio i prezzi ogni giorno». Dmitrij, 58 anni, piccolo imprenditore, ha una famiglia allargata: moglie, tre figli adulti - 34, 27 e 18 anni - e un nipote. Vivono tutti in un appartamento sulle colline Lenin, a Mosca.
Quando su un reddito complessivo di 70mila rubli mensili - lavorano in quattro però - il 22% finisce nel carrello della spesa, sconti e occasioni diventano fondamentali. Eppure la famiglia di Dmitrij è più fortunata della media russa che vede la quota di reddito disponibile destinata al cibo schizzare al 29% (altre statistiche la collocano al 35). In Messico si spende il 22%, in Cina il 28. Negli Stati Uniti il 10 per cento.
Una situazione potenzialmente esplosiva perché anche in Russia i prezzi degli alimentari hanno continuato la loro corsa nell'ultimo anno, con le impennate dell'estate scorsa martoriata da siccità e incendi. Il peso del cibo sul tasso di inflazione è di circa il 20% e a febbraio l'aumento mensile dei prezzi su base annuale ha toccato il 9,7% dopo un 9,6 a gennaio, 8,8 a dicembre 2010 e 5,5 a luglio. «Una situazione estremamente preoccupante», ha detto due giorni fa il vicepresidente della Banca centrale russa, Alexei Ulyukayev.
Con le elezioni legislative fissate a dicembre e quelle presidenziali a marzo 2012, è naturale che i politici russi siano molto sensibili al sentimento popolare. «L'inflazione è considerata politicamente pericolosa e l'anno scorso il governo russo si è preoccupato di alzare le pensioni per tenere a bada l'insoddisfazione popolare», osserva Anders Aslund, economista del Peterson institute for international economics di Washington. Prima o poi, continua Aslund, la Russia dovrà spostarsi su una politica monetaria restrittiva.
Una strada imboccata qualche giorno fa quando il ministro delle Finanze Alexei Kudrin ha dichiarato che era giunto il momento di un ritocco all'insù dei tassi di interesse, finora tenuti bassi dalla Banca centrale che ha in tal modo bloccato i capitali speculativi e cercato di evitare un surriscaldamento. Anche il tasso di cambio è considerato ancora abbastanza basso e su questo la Banca ha tentato di fare leva, rafforzandolo. «L'altro modo di tenere sotto controllo l'inflazione, oltre alla leva dei tassi, è rafforzare il rublo per rendere le importazioni meno costose» spiega Ovanes Oganisian, strategy research a Renaissance Capital. È servito solo a breve termine. Il giorno seguente l'avvertimento di Kudrin la Banca ha alzato i tassi di 25 punti base, portando quello di riferimento, il repo e il tasso di rifinanziamento al 3, al 5,25 e all'8 per cento. Ma per evitare il rischio di capitali speculativi ha alzato le riserve obbligatorie delle banche sui depositi dei non residenti.
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