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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2011 alle ore 08:12.

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«Bisogna ridimensionare le filiali» (Director di McKinsey Vincenzo Tortorici)«Bisogna ridimensionare le filiali» (Director di McKinsey Vincenzo Tortorici)

«I nodi storici del sistema bancario italiano sono venuti al pettine. In passato si è scelto di non scioglierli, ma ora è necessario agire con decisione». Vincenzo Tortorici, director di McKinsey, non è abituato alle mezze misure: il sistema bancario italiano ha bisogno di una grande rivoluzione. Bisogna ridurre i costi («chiudendo alcune filiali»), cambiare le modalità di relazione con la clientela («erogando credito al prezzo giusto solo ai meritevoli») e cedere le attività non strumentali. Insomma: per Tortorici è il momento buono per una schumpeteriana «distruzione creatrice». «Per fare la frittata – afferma laconico – bisogna rompere le uova».

Lei dice che le banche devono ridurre i costi diminuendo il numero delle filiali: ma che ne sarà del personale?
Guardi, oggi il 60% dei costi di una banca italiana è legato al personale e, principalmente, a quello di sportello. Il problema è che la rete di filiali è una forma disributiva arcaica, costosa e a bassa produttività commerciale: non ha senso economico mantenere un'infrastruttura che non remunera. È giusto intervenire.

E come, licenziando?
Il meno possibile, ovvio. Penso piuttosto a grandi manovre di conversione del personale amministrativo a mansioni di vendita, puntando più verso la multicanalità: la distribuzione deve diventare più remota, itinerante, tecnologica e meno legata agli sportelli fisici.

E che ne sarà di tutti i clienti che non usano Internet?
Innovare nella distribuzione vuol dire essere più mobili sul territorio. Si potrebbe anche raggiungere il cliente al domicilio, rendendo variabile una parte dei compensi dei venditori. Insomma: non c'è solo Internet.

Oltre a tagliare le filiali, cosa dovrebbero fare le banche?
Dovrebbero cambiare il modo di relazionarsi con la clientela. Finora ha dominato il dogma che tra la banca e il cliente esista una "relazione" e che questa sia rilevante ai fini del profitto.

E meno male: non è giusto?
No. Io credo che una banca debba lavorare "con" i clienti, non "per" i clienti. Deve essere partner di chi remunera congruamente il suo servizio, non mettersi nelle condizioni di essere sfruttata. Oggi gli istituti si comportano invece come enti di finanaziamento: usano cioè il bilancio in modo poco remunerativo. E questo non va bene.

Ma come: le aziende si lamentano che le banche stanno chiudendo i rubinetti!
Gli affidamenti devono basarsi sul principio della meritocrazia creditizia: si eroga a chi ha bilanci solidi e ai tassi corretti. Oggi, invece, il denaro non viene prestato al prezzo giusto. Lo sa che, a parità di forma tecnica del finanziamento all'impresa, in Italia il costo del credito è il più basso d'Europa? Bisogna riprezzare il credito. Senza favoritismi, ma con un sistema standardizzato.

Proprio ora che l'economia arranca? Questo non darebbe il colpo di grazia alle imprese?
Di certo ci sarebbe una selezione darwiniana, perché le risorse si concentrerebbero sulle imprese in grado di sostenersi nel lungo termine.

Più che altro sarebbe un'ecatombe.
La banca può e deve essere un agente di ristrutturazione delle imprese: può favorire aggregazioni, vendite anche a stranieri. Troppo spesso i banchieri hanno invece schermato gli imprenditori dalle difficoltà, evitando azioni radicali o indigeste.

Ci saranno pur altre strade percorribili...
Sì, le banche hanno anche altre leve da attivare. Possono ancora cedere molti beni non strumentali. Oggi si pensa di dover essere proprietari di tutto: delle filiali, del leasing, del factoring, degli immobili, delle partecipazioni. Vendendo almeno alcune di queste attività, si libererebbe capitale. Si potrebbero anche vendere crediti in bonis e favorire un'ulteriore concentrazione tra le 700 banche esistenti. Le leve su cui agire sono tante: non è detto che sia necessario attivarle tutte, ma qualcosa va fatto.
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