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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2011 alle ore 08:12.

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La rata del mutuo torna a crescere con l'inflazioneLa rata del mutuo torna a crescere con l'inflazione

Le rivolte in Nord Africa e nel Medio Oriente spediscono alle stelle il prezzo del barile di greggio. Il caro-petrolio e il rincaro delle materie prime si ripercuotono sull'inflazione, che rialza la testa e mette in allarme la Banca centrale europea (Bce). I banchieri di Francoforte fanno la voce grossa e minacciano un rialzo del costo del denaro, il primo da due anni e mezzo. Gli operatori sui mercati corrono a rivedere le aspettative e fanno lievitare gli Euribor, i tassi interbancari ai quali sono legati i mutui variabili. Dalle piazze di Tunisi, Il Cairo e Tripoli fino alle tasche dei risparmiatori il passo è breve: oggi le famiglie lo sperimentano alla pompa della benzina, domani lo vedranno anche al momento di saldare la rata e in entrambi i casi l'impatto non sarà trascurabile.

A pensarci bene una situazione simile i mutuatari italiani l'hanno già sperimentata nell'estate del 2008: anche allora il prezzo del petrolio era decollato, anche allora al Bce aveva reagito con un rialzo dei tassi che a sua volta si era trasferito sugli Euribor e aveva messo in difficoltà migliaia di famiglie. Il paragone finisce però qui perché oggi la situazione generale è ben diversa. Due anni e mezzo fa i tassi erano su livelli ben superiori alla media (4,25% quello Bce e oltre il 5% per gli Euribor), oggi restano ancora molto vicini ai minimi storici (1% per entrambi).

Insomma, l'effetto ci sarà (e in parte c'è già stato perché gli Euribor si muovono da un paio di mesi anticipando le mosse di Francoforte), ma difficilmente si tornerà ai livelli dell'ottobre 2008, almeno nel breve termine. Anche perché la Bce dovrà stare particolarmente attenta nel muovere la leva dei tassi se non vuole rischiare di mettere in difficoltà le banche e i bilanci pubblici appesantiti dei paesi periferici, che ancora non si sono certo ripresi dalla bufera finanziaria.

Comunque sia, il cambio di marcia delineato giovedì dal presidente Jean-Claude Trichet ha già sortito i primi risultati. Il giorno seguente l'Euribor a 3 mesi è salito dall'1,098% all'1,162% portandosi così ai massimi dal giugno 2009 (la scadenza a 1 mese quota invece 0,897%) e il movimento è destinato a proseguire. Stando alle attese degli operatori, riflesse nei future quotati a Londra, il tasso interbancario a 3 mesi dovrebbe raggiungere l'1,62% a giugno e il 2,19% a dicembre, per poi spingersi al 2,88% a fine 2012 e al 3,19% a fine 2013.

Se questo scenario si avverasse, si tratterebbe comunque di tassi inferiori alla media storica e ben distanti dal picco del 5,39% raggiunto nell'ottobre 2008, ma non per questo sarà meno doloroso per le famiglie italiane, assuefatte da tempo ai mini-tassi. Prendendo come esempio un mutuo medio (130mila euro a 20 anni, acceso a inizio 2008), la rata mensile odierna di 671 euro sarebbe destinata a crescere di circa il 9% nei prossimi 12 mesi per arrivare fino a 730 euro nel marzo 2012 (+14%) e a quota 766 l'anno successivo (+17%). Niente di paragonabile, per il momento, ai picchi successivi alla crisi subprime e al crack-Lehman (quando lo stesso mutuo aveva raggiunto i 939 euro mensili), ma comunque un impatto da non sottovalutare.

Un rincaro maturato per giunta quasi tutto negli ultimi due mesi soprattutto come effetto indiretto del rialzo del prezzo del greggio. Se la stessa simulazione fosse stata effettuata con i tassi di inizio anno, prima cioè che gli eventi di Egitto e Libia scatenassero la rincorsa agli acquisti di petrolio e prima dell'inversione di tendenza nella politica monetaria di Francoforte, l'esborso complessivo nell'arco dei prossimi tre anni sarebbe stato inferiore di circa 1.400 euro nel caso di un mutuo ventennale e di 1600 euro per un prodotto a 30 anni: in pratica è la «bolletta» da pagare come conseguenza del caro-petrolio.

Passare al fisso attraverso una surroga potrebbe è sicuramente una tentazione, ma anche i prodotti di questo tipo non sono certo più convenienti come qualche mese fa. Nel frattempo sono infatti cresciuti anche i tassi Irs che servono per determinare la rata e la soglia minima di accesso al fisso si è alzata fino al 4,6%-4,7%. Cambiare cavallo in corsa potrebbe costare nell'immediato anche il 20% in più e restare più oneroso per almeno 2 anni, occorre farsi bene i conti in tasca prima di decidere.

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