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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2011 alle ore 20:17.

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Lui continua a insistere a ogni pie' sospinto. «Il patto con il terzo polo si farà». Ma per il momento le risposte dei diretti interessati all'auspicio del segretario del Pd, Pierluigi Bersani, non cambiano. Perché dai centristi e dai finiani giunge un netto no all'ipotesi di un'alleanza con il centro-sinistra sia alle prossime amministrative che in aula. Lo dice chiaro e tondo il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, ai microfoni di Canale 5. «Noi siamo alternativi alla sinistra perché siamo nel Ppe, ma siamo alternativi anche a questo centrodestra imperniato sulla sacralizzazione della figura di Berlusconi». E ancora più netto è il coordinatore nazionale di Futuro e libertà, l'ex sottosegretario Roberto Menia. «È evidente che un patto tra terzo polo e centrosinistra non si farà né oggi né mai. La nostra prospettiva è quella della costruzione di un centrodestra alternativo al centrosinistra, ed è ovvio che non ci stanno terzi poli in questa prospettiva».

Le amministrative: terzopolisti alle prese con il caso Pasquino
Insomma, Casini e Fini si smarcano dai democratici e provano a ballare da soli nelle prossime amministrative. Ma la quadra sulle candidature sembra ancora di là da venire. Così a Napoli scoppia un piccolo caso attorno alla corsa di Raimondo Pasquino, rettore dell'Università di Palermo, sponsorizzato dai centristi, ma inviso al coordinamento cittadino di Futuro e libertà. Che stamane, al termine di una riunione, aveva lanciato la candidatura dell'europarlamentare finiano Enzo Rivellini. Poi nel pomeriggio Pasquino ha sciolto la riserva, dopo un incontro con i leader del terzo polo, ma le tensioni restano come fa chiaramente intendere proprio Rivellini. «Osservo che questo Terzo Polo rischia di essere un terzo polo anomalo, più simile a un monopolio, che a Caserta va col Pdl, a Benevento col candidato di Rutelli, a Napoli con quello dell'Udc. Siamo uomini di partito e l'unica cosa che anteponiamo al partito è il rapporto col territorio. Perciò aspettiamo di capire con quali iniziative si pensa di battere la sinistra».

La strategia della Lega: con il Pdl nelle grandi città
E, se la macchina elettorale del terzo polo tarda a ingranare, la Lega ha invece definito la sua strategia doppia in vista della prossima tornata elettorale: affiancare il Pdl nelle grandi città come Milano, Torino e Bologna, e correre da sola in alcune amministrazioni medio-piccole (il comune di Varese e la provincia di Pavia, per esempio). Insomma un piano a macchia di leopardo che vede il Carroccio alleato del premier a seconda delle convenienze territoriali.

Tensione dentro Fli: botta e risposta tra Granata e Urso
In casa futurista poi non mancano le tensioni anche se non si scorgono nuove defezioni all'orizzonte. E ad accendere la temperatura è il botta e risposta a distanza tra Fabio Granatae l'ex viceministro Adolfo Urso, rimasto in Fli dopo lo scontro registratosi all'indomani dell'assemblea costituente del partito di Gianfranco Fini. A dare il "la" alla polemica è il vicepresidente della commissione Antimafia che si lamenta di quei colleghi futuristi rimasti sì dentro Fli, ma che esercitano «un quotidiano richiamo alla nostra perimetrazione nel centrodestra». Non fa nomi Granata ma è chiaro il riferimento a Urso soprattutto quando il falco finiano allude a «chi oggi, dall'interno di Fli, mentre si costituisce in corrente, mette in dubbio ipocritamente l'opportunità di quelle scelte» e così facendo «dà implicitamente ragione ai quaquaraquà di cui ieri parlava Fini».

L'ex viceministro risponde a Fini: nessun quaquaraquà nel partito
Ma Urso proprio non ci sta e, pur senza replicare direttamente, si toglie qualche sassolino dalla scarpa poco dopo.«Ha prevalso - dice intervenendo a un programma radiofonico - la nostra linea politica, quella dei moderati e di quelli che vogliono costruire». Insomma, plaude alle colombe e, quando gli si chiede di quantificare l'impatto del precedente atteggiamento, l'ex viceministro non si sottrae. «Abbiamo pagato un prezzo: quattro senatori e quattro deputati in meno, però alla fine la linea politica, che era emersa con chiarezza già nell'assemblea costituente, è stata ribadita». Poi l'affondo a marcare la distanza tra i due. «Non vorrei che il mio partito si riducesse ad essere come l'Isola dei Famosi. In entrambi si sta lì per apparire, e si gioisce quando uno se ne va». Ma Urso non risparmia una frecciatina nemmeno a Fini e alla citazione sciasciana. «Nel partito non ci sono stati quaquaraquà, ma solo uomini con idee diverse. Chi si è dimesso dal governo, come Pasquale Viespoli, per un battaglia e un impegno politico, non è certamente, comunque e a prescindere, un quaquaraquà».

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