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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 07:57.

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Bombe su ribelli e civili. La Nato avverte Gheddafi (Reuters)Bombe su ribelli e civili. La Nato avverte Gheddafi (Reuters)

Che non siano amichevoli lo si vede subito dai loro mitra puntati appena ci vedono, nonostante sia evidente che siamo occidentali. Dall'aggressività con cui ci chiedono di scendere dalla macchina. Dal quel rancore che non riescono a contenere, seguito da un insulto, quando sentono le parole reporter e vedono sul parabrezza dell'auto la scritta, in arabo, "International Press". Sono milizie di Gheddafi, un team di ricognizione, circa quindici. Quattro militari circondano l'auto con le armi spianate, un altro minaccia i due fotografi francesi. Gli altri si dispongono in formazione a stella. Un'organizzazione impensabile per l'anarchica e disordinata armata dei volontari dell'opposizione, schierata 20 chilometri più a est all'ultimo check point dopo Ras Lanuf.

Sopraggiunge un blindato con un lunga antenna e un militare sulla torretta che scruta l'orizzonte con un cannocchiale. Il comandante è più ragionevole. Un suo ordine secco, impartito con durezza, tiene a bada l'irruenza dei militari. Poi temporeggia. Quasi fosse indeciso se lasciarci andare o arrestare i giornalisti senza visto, quindi fuorilegge, come ha intimato Gheddafi. Diciamo che ci siamo perduti, riusciamo ad allontanarci.

La linea del fuoco è Ben Jawad un villaggio di case sparse in mezzo al deserto pochi chilometri più in là. Qui da due giorni gli insorti e le forze di Gheddafi si fronteggiano nella battaglia più violenta. È su questa strada che piovono i tiri di mortaio. Se gli insorti riescono a mantenere Ben Jawad possono aprirsi la via verso Sirte, la città natale di Gheddafi e roccaforte delle sue milizie. Se riescono ad espugnarla, i loro nemici possono poi sferrare la nuova controffensiva per riconquistare Ras Lanuf, il più importante terminale petrolifero della costa nordafricana. Ras Lanuf è la città contesa. Caduta e riconquistata quattro volte negli ultimi nove giorni. È qui che la rivoluzione popolare contro Gheddafi si è trasformata in vera guerra. Qui che la mattina si vedono convergere i camion dei ribelli carichi di missili katiusha, razzi anticarro e decine di pick-up armati di batterie antiaeree. È su questa città che l'aviazione di Gheddafi sta intensificando i suoi raid. Quasi che il raìs volesse sfidare il monito lanciato ieri dal presidente americano Barak Obama: la Nato sta valutando opzioni militari da adottare in risposta alla sempre più grave situazione in Libia. Quasi fosse sordo alle notizia apparsa sui media secondo cui Londra e Parigi stanno preparando una risoluzione su una no-fly zone sulla Libia. Potrebbe essere presentata al Consiglio di Sicurezza già in settimana. Invece di sospendere i raid, Gheddafi, provocatoriamente, li intensifica.

Prima si avverte il loro ronzio nel cielo, un sinistro rumore metallico. La gente esce dalle case, i medici si precipitano fuori dalla clinica. Le contraerea spara alla cieca raffiche assordanti, come se la rabbia bastasse ad abbattere gli aerei. Poi due boati sordi seguiti da due colonne di fumo. La contraerea sembra impazzita. Anziché restare al riparo, i giovani dell'anarchica e disordinata armata dell'opposizione escono all'aperto. In direzione dell'aereo che ora volteggia in cielo aprono la camicia e offrono il petto. Altri, alzando le dita a V in segno di vittoria, urlano «Allah Akbahar». I bombardamenti proseguono. Prima di tornare verso Brega, l'altro importantissimo centro petrolifero in mano agli insorti che Gheddafi vuole riconquistare, si leva un'altra colonna di fumo. Secondo alcuni testimoni sarebbe stato colpito un pick-up con a bordo tre civili. L'uomo alla guida muore sul colpo. I suoi due bambini sono feriti gravemente.

Le vittime vengono trasportate all'ospedale di Ajdbya o al pronto soccorso di Ras Lanuf. È in quest'ultimo, ormai sempre più affollato, che vengono prestate le prime cure. La clinica è assediata dai compagni dei feriti. «Non voglio vedere armi in questo luogo. Il vostro posto è sul fronte, a combattere per la libertà», urla furioso uno dei due medici più anziani. Il dottor Said Fathi, 28 anni, ci accompagna nella camera mortuaria. Mostra i cadaveri di tre civili. Tutti di Ben Jawad, tutti uccisi con un colpo di arma da fuoco alla testa. «Dal tipo di ferita è probabile si tratti di un'esecuzione a sangue freddo da distanza ravvicinata», precisa con calma.

I giovani riprendono la strada verso l'ultimo check point che segna il confine con la terra di nessuno. Là, poco prima Abdu Rakam, 18 anni, cercava di smontare la sua mitragliatrice: «Non è difficile - spiega - mi hanno insegnato ad usarla in un solo giorno e poi sono venuto qui a combattere». Anche Ashraf al Quafi, 32 anni, non sembra avere molta dimestichezza con il suo kalashnikov. D'altronde fino poche settimane fa lavorava come ingegnere petrolifero in una compagnia straniera a Ras Lanuf. «Vedete è con questo che dobbiamo affrontare i loro carri armati. Ma noi combattiamo prima per Dio e poi per la libertà della Libia. E la vinceremo questa guerra, da soli, senza l'aiuto degli stranieri». Sembra un riferimento alle parole pronunciate poche ore prima dal segretario generale della Nato Fogh Rasmussen a proposito di un possibile intervento armato in Libia. Parlando di probabili «crimini contro l'umanità», Rasmussen ha detto: «Se Gheddafi e le sue forze continueranno attaccare sistematicamente la popolazione, la comunità internazionale non può continuare a stare a guardare».

Molti dei giovani ribelli non ci credono. E si preparano a lanciare l'ultima disordinata offensiva contro un esercito di gran lunga più equipaggiato e addestrato. Ieri prima dell'alba sembravano sul punto di cedere Ras Lanuf. Alle quattro hanno fatto sgomberare i giornalisti rimasti nell'unico hotel. Sul retro del pick-up, avvolti dalle coperte per ripararci dal gelo, sotto la volta stellata la raffineria di Ras Lanuf sembrava ancora più imponente. Davanti ai compound petroliferi i giovani volontari continuavano spavaldi a mostrare la V di vittoria.

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