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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2011 alle ore 15:20.

PARIGI – Un questionario da riempire sull'onore: preciso, che non lascerà vie d'uscita. Per prevenire un problema sempre più forte e imbarazzante sulla scena politica francese: il conflitto d'interesse. Rappresenterà al più presto un obbligo per tutti i ministri della Repubblica e i loro stretti collaboratori nei singoli gabinetti.
La possibilità aleggiava da tempo a Parigi sulle teste dei politici. Stamani il quotidiano La Tribune la dà per sicura: una bozza del temuto questionario sarebbe già stata elaborata negli uffici del premier, François Fillon, in calo nei sondaggi. D'altra parte nel fine settimana il ministro del Bilancio François Baroin era già intervenuto sull'argomento, annunciando che un progetto di legge sul conflitto d'interesse verrà presentato dal governo entro la metà di giugno. Riguarderà «anche gli alti funzionari pubblici e i direttori delle amministrazioni centrali. E non solo». A controllare gli eventuali abusi sarà un'alta autorità amministrativa indipendente, prevista dal testo.
Ma ritorniamo al questionario, che dovrebbe essere imposto dalla stessa legge. Ebbene, le domande previste? Entrate e attività negli ultimi cinque anni, non solo del ministro, ma anche dei consorti e dei più stretti familiari. «Nel questionario si chiede poi di precisare tutte le attività svolte al momento attuale, remunerate e non», si legge nell'articolo della Tribune. Si tratta di mandati elettorali, responsabilità nelle imprese, ma pure in associazioni e attività d'insegnamento. Il ministro o il consigliere dovrà pure indicare esplicitamente quali sono le attività che lo espongono al rischio di conflitto d'interesse nella prospettiva di ottenere sovvenzioni pubbliche o di concedere licenze. La legge prevederà probabilmente anche qualche divieto, ma Baroin ha già messo le maniavanti: non si proibirà il cumulo di un mandato locale per i ministri (lo stesso Baroin è sindaco di una città di provincia di medie dimensioni, Troyes).
Queste novità non sono in arrivo per caso. Nelle ultime settimane proprio uno scandalo legato a un conflitto d'interesse è costato il posto a Michèle Alliot-Marie, già ministro degli Esteri. Durante le vacanze natalizie era stata ospite di un uomo d'affari intimo di Ben Ali, che ha scorrazzato sul suo jet privato lei, il marito (un altro ministro) e i genitori della signora (che in quegli stessi giorni in Tunisia trovarono il tempo di concludere qualche interessante business).
Lo stesso Fillon ha dovuto ammettere di essere andato in vacanza in Egitto, ospite di Mubarak. Ma il nuovo testo in preparazione è soprattutto il frutto del megascandalo Bettencourt, dal cognome di Liliane, anziana signora, la donna più ricca di Francia, che ha in mano le redini del gruppo L'Oréal. Fra le altre cose, la vicenda rivelò che Eric Woerth, allora ministro del Lavoro e prima del Bilancio, aveva insistito perché sua moglie, Florence, fosse assunta con lauto stipendio dal gestore del patrimonio personale di madame, proprio mentre Eric stava elaborando la nuova normativa contro la fuga dei capitali all'estero (una delle attività principali svolte da chi gestisce un patrimonio come quello Bettencourt).
Intanto lo scorso ottobre un «puro» come Martin Hirsch, che era stato appena silurato come ministro delle Solidarietà attive (da anni in parallelo lavora come volontario presso Emmaus), aveva pubblicato un libro dal titolo «Pour en finir avec les conflits d'interets», dove puntava il dito contro ex colleghi. Tipo Jean-François Copé, segretario generale dell'Ump, lo stesso partito di Sarkozy, e più volte ministro, ma che continua a svolgere il suo lavoro di avvocato d'affari guadagnando 20mila euro netti al mese. O su Gérard Longuet, anche lui dell'Ump, che fu ministro delle Poste dal 1986 all'88. E che si sarebbe pagato una villa sulla Costa Azzurra rivendendo francobolli rari che si era fatto regalare dalle Poste nazionali all'epoca del suo mandato.
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