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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 08:02.

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Silvio Berlusconi non vuole assolutamente mancare l'appuntamento di giovedì, quando il Consiglio dei ministri darà il via libera alla «epocale» riforma costituzionale della giustizia. Dopo l'operazione di ieri, il premier resterà a riposo ad Arcore fino a domani, proprio per essere sicuro di poter partecipare alla «storica» riunione del giorno dopo. Più difficile, invece, che già domani possa salire al Colle con il ministro Angelino Alfano per illustrare al capo dello Stato il testo della riforma.

Ieri sera, comunque, il Cavaliere non ha rinunciato alla riunione del lunedì con l'intero stato maggiore della Lega. Di cui non ha gradito alcuni recenti "distinguo" e con la quale deve fare i conti sullo stesso pacchetto di norme, costituzionali e ordinarie, sulla giustizia. Oltre al testo che uscirà giovedi dal Cdm, e che si annuncia come una profonda e organica revisione, anche culturale, del sistema giustizia, i tecnici del centro-destra sono al lavoro su altri tre fronti caldi: intercettazioni, processo breve e conflitto di attribuzione sul caso Ruby (su cui Fli e Pd promettono battaglia). Il ddl sulle intercettazioni, approvato dal Senato lo scorso giugno, potrebbe venire licenziato anche dalla Camera, dove è fermo, così com'è. Senza ulteriori modifiche. Il Pdl sembra infatti intenzionato ad accelerare per portare a casa un testo «annacquato subito», piuttosto che uno migliore chissà quando. Ora ci sono troppe questioni aperte sulla giustizia, si osserva, «meglio spingere» su un ddl che comunque «qualche risultato lo produrrà».

Mentre l'opposizione è già sulle barricate e si prepara a fronteggiare la riforma costituzionale – solo il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini si è detto disponibile a valutare serenamente il testo a patto che non contenga «leggi ad personam e non abbia un orientamento punitivo nei confronti dei magistrati» - l'Associazione nazionale magistrati attende di conoscerne i contenuti prima di accelerare la mobilitazione contro la riforma. Il segretario Giuseppe Cascini ha comunque già evocato lo sciopero e assicurato che l'Anm farà «valere in ogni modo la sua voce di protesta», qualora il ddl del governo dovesse «alterare i principi di indipendenza».

L'agitazione delle toghe, pronte a dare battaglia, non sembra però preoccupare Berlusconi. Il Cavaliere non intende lasciare che la protesta di alcuni giudici possa ostacolare una riforma di questa portata. Anzi, avrebbe sostenuto che, se i magistrati alzeranno le barricate, questo giocherà a favore della maggioranza. «Dimostreranno una volta per tutte quello che dico da tempo», sarebbe stato il suo ragionamento. Vale a dire, «che mentre noi lavoriamo per migliorare il sistema e renderlo più efficace, giusto e a vantaggio dei cittadini, loro vogliono solo difendere privilegi e posizioni di potere e l'unico obiettivo è farmi fuori». È anche vero che, dopo annunci e svolte mancate, c'è molto scetticismo sulla reale capacità della maggioranza di portare avanti una riforma che richiede quattro letture parlamentari e il più ampio coinvolgimento possibile. Filippo Berselli, presidente Pdl della commissione Giustizia del Senato, è però ottimista. «L'importante è approvare il ddl entro fine legislatura e andare al referendum, senza perdere tempo a cercare la maggioranza dei due terzi».

Quanto ai contenuti della riforma, capisaldi sono la separazione delle carriere, un Csm diviso in due (uno per i Pm l'altro per i giudici), Alta corte di disciplina esterna a Palazzo dei Marescialli, composta forse da un terzo di togati, un terzo laici e un terzo nominati dal capo dello Stato, principio di responsabilità dei magistrati, inappellabilità delle sentenze assolutorie. Ai due Csm sarà vietato adottare atti di indirizzo politico o esprimere pareri sui ddl del governo, a meno che non ne siano richiesti. Anche se Alfano ha assicurato che non si tocca, allo studio ci sarebbe anche una norma per attenuare l'obbigatorietà dell'azione penale.

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