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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 06:36.

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Sono giornate cruciali per il futuro di Edison, ore di grande tensione complice il susseguirsi senza sosta di vertici italo-francesi, summit interni, incontri tra advisor legali e finanziari, da Cleary Gottlieb a Clifford Chance passando per Lazard, Banca Leonardo e Merrill Lynch. Un vortice di faccia a faccia dal quale sarebbe emersa una prima bozza d'intesa tra A2A e Edf per il riassetto di Foro Buonaparte. L'accordo, definito principalmente nei contorni e passibile di futuri cambiamenti, soddisferebbe le due principali controparti, ossia il colosso transalpino e l'ex municipalizzata ma non avrebbe ancora ricevuto l'ok politico, con Roma preoccupata che il secondo gruppo energetico del paese passi sotto il controllo straniero. Ecco perché, non è da escludere che l'attuale colpo d'acceleratore impresso al dossier non si possa scontrare con uno stop improvviso frenando le ambizioni di A2A e Edf che vorrebbero chiudere l'accordo di massima entro il 15 marzo, giorno in cui scade il patto parasociale che attualmente lega i due soci in Foro Buonaparte. Sullo sfondo emerge quindi il rischio di una proroga tecnica del vecchio patto di qualche mese.

Detto ciò, l'impianto dell'intesa allo stato attuale ruoterebbe attorno a tre punti chiave: la componente finanziaria con i francesi primi azionisti; quella industriale con A2A e Edison ridisegnate nel loro profilo di business; e i nuovi paletti di corporate governance con gli italiani ago della bilancia.

Gli aspetti finanziari
Il punto di partenza tecnico del progetto è la scissione proporzionale di Transalpina di Energia, il veicolo partecipato al 50% da Edf e per l'altro 50% da Delmi, newco che raccoglie tutti i soci italiani, e che ha in portafoglio il 61,2% di Edison. A esito dell'operazione esisteranno così due Tde, una controllata al 100% da Delmi e l'altra al 100% da Edf che avranno rispettivamente il 30,6% di Foro Buonaparte. In questo modo i francesi, forti di un altro pacchetto del 19,36% diventeranno di fatto l'azionista di controllo della società con una quota più o meno del 50%. In ragione di ciò, non è escluso che in capo ai transalpini scatti l'obbligo di un'offerta pubblica d'acquisto. Per questo i legali sono al lavoro per proporre in Consob un apposito quesito. In ogni caso, il fronte italiano, compresa la Carlo Tassara, per ora socio silente, si dovrebbe ritrovare con circa il 40% di Edison mentre i francesi avranno tra il 50 e il 60%. L'idea è di mantenere quotata Foro Buonaparte, anche per favorire quei soci che a stretto giro intenderebbero valorizzare i propri pacchetti. L'onda lunga francese potrebbe poi avere anche un altro risvolto da non sottovalutare: Edf, passando dalla Svizzera, potrebbe ritrovarsi direttamente nel capitale di A2A. Come è noto Alpiq, controllata dei francesi, ha un 5% della ex municipalizzata e la possibilità di esprimere un consigliere. La quota potrebbe dunque diventare lo strumento utile a saldare la nuova intesa tra A2A e i transalpini.

I dettagli industriali
Cuore vero di tutto l'accordo sono però gli aspetti industriali dell'intesa che parte dallo spacchettamento di Edipower, società controllata da Edison e partecipata da A2A che custodisce oltre 7.600 megawatt di potenza installata. Il break up finirà infatti con il ridisegnare il profilo di business dell'ex municipalizzata e di Foro Buonaparte. L'accordo prevede infatti che l'utility, come ha spesso auspicato in passato, ottenga buona parte della potenza idrolettrica, ossia due impianti, Udine e Mese, per complessivi 650 megawatt. Quattro impianti termoelettrici andranno invece a Edison e il resto se lo spartiranno Iren, che potrebbe chiedere un conguaglio cash, e Alpiq. Contemporaneamente, A2A si sarebbe impegnata a cedere a Edf due grossi impianti Ccgt più o meno da 800 megawatt ciascuno. Asset che in futuro verranno conferiti dai transalpini in Edison, consentendo ai francesi di arrotondare ulteriormente la presenza nel capitale di Foro Buonaparte e facendo diventare la società un gruppo fortemente concentrato sul termoelettrico al punto da superare gli 8 gigawatt di potenza installata. A2A, dal canto suo, coronerebbe il sogno di dotarsi principalmente di fonti energetiche rinnovabili e supererebbe il tema del conflitto di interesse con Edison andando a realizzare una joint venture paritetica con Foro Buonaparte per la distribuzione di energia elettrica e gas in Lombardia, forte in partenza di un pacchetto di oltre 2 milioni di clienti. In cambio di ciò, a Edf sarà finalmente concesso di realizzare per Edison il progetto che aveva in cantiere fin dall'inizio: ossia trasformare la società italiana nella piattaforma europea del gas. Per questo i francesi sono pronti, mettendo a disposizione tutta la propria esperienza, a supportare la società nella cruciale rinegoziazione dei contratti take or pay. Edf conterebbe poi di utilizzare Edison per incrementare la propria capacità generativa nella zona dei Balcani e del Mediterraneo.

La corporate governance
Ultimo aspetto non certo marginale è quello della corporate governance. Lo schema d'accordo attuale prevede che Edison mantenga forti radici italiane, il quartier generale della società dovrebbe restare infatti a Milano. I soci italiani, complice il sostanzioso pacchetto di azioni sul quale potranno contare, avranno un ruolo attivo nella governance. Magari anche una poltrona, quella da presidente. Tutto ciò sarà però materia di ulteriori approfondimenti nei prossimi giorni anche perchè l'intero board di Edison è in scadenza con l'assemblea di bilancio e non è escluso un riassetto generale delle cariche. In passato, per la carica da numero uno, sono per esempio stati fatti i nomi di Graziano Tarantini e di Gregorio Gitti, nonché dell'ex sindaco Gabriele Albertini.

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