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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2011 alle ore 07:40.

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«Bene, bene. È andata bene». Sorride Angelino Alfano, di ritorno dal Quirinale, dove ha trascorso due ore con il presidente della Repubblica per illustrargli la riforma «epocale» della giustizia, che stamattina approda al Consiglio dei ministri. Depurato di alcuni eccessi, il testo portato dal ministro della Giustizia al Capo dello Stato potrebbe cambiare ancora prima del suo debutto a Palazzo Chigi. Del resto, il cantiere delle modifiche è rimasto aperto fino a tarda notte a palazzo Grazioli e andrà avanti anche stamattina nella riunione dei ministri. Alfano dice che Giorgio Napolitano ha svolto «considerazioni di carattere generale» e che lui le ha «recepite con la dovuta attenzione». «Il governo ha il dovere di farsi carico delle indicazioni del presidente della Repubblica, o anche solo dei suoi umori», assicura l'avvocato del premier Niccolò Ghedini, che in questa partita veste i panni della «colomba» e sta già preparando il «dopo riforma»: un tour del Pdl e del governo nei Tribunali e nelle Corti d'appello per «presentare sul campo il testo e farlo condividere da avvocati e magistrati. Dev'essere chiaro – dice Ghedini – che è una riforma aperta e che cerchiamo il massimo della condivisione». In lontananza c'è infatti lo scoglio del referendum, inevitabile se il testo non sarà approvato dalla maggioranza qualificata del parlamento. Ma il primo scoglio è l'Anm: pressato dalla base che chiede una mobilitazione «epocale», il sindacato delle toghe ha convocato il Comitato direttivo centrale per il 19 marzo e lì deciderà le eventuali contromosse, compreso lo sciopero. In fibrillazione anche il Csm: non a caso, dopo Alfano, Napolitano ha ricevuto il vice di Palazzo dei Marescialli per discutere della riforma.

La bozza illustrata a Palazzo Chigi in serata contiene alcune novità, inserite per attutirne l'impatto. Che resta ugualmente forte. Giudici e pm separati; due Csm presieduti dal capo dello Stato; azione penale da esercitare «secondo i criteri stabiliti dalla legge»; magistrati che rispondono di tasca propria «di atti compiuti in violazione dei diritti, al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato»; polizia giudiziaria non più alle «dirette» dipendenze dei pm, che possono disporne «secondo le modalità stabilite dalla legge»; inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.
Uscito dal Quirinale, Alfano ha incontrato alla Camera i "responsabili" e poi è tornato a palazzo Grazioli (dov'era già stato prima di salire al Colle) per una riunione con Berlusconi, Ghedini e i vertici del Pdl. Alcuni punti "ballano" ancora, e tra questi la presidenza del Csm dei pm, che potrebbe tornare al Pg della Cassazione, eletto dal Parlamento. Se ne discuterà in consiglio dei ministri, così come dell'elezione di magistrati onorari con funzioni di pm, cara alla Lega.

I capitoli su Csm e pm sono i più delicati perché configurano una forma indiretta di dipendenza del pm dall'esecutivo. Persino Ghedini ha faticato a fare da argine, convinto com'è che «la Costituzione sia cosa diversa dalle leggi ordinarie». Ma il risultato è che i pm diventano un «ufficio» organizzato secondo «le norme dell'ordinamento, che ne assicurano l'indipendenza»; nelle indagini devono dare la priorità ai reati indicati dal Parlamento, e sul loro operato – come sull'uso dei mezzi di indagine – il guardasigilli riferirà annualmente alle Camere; non disporranno più «direttamente» della polizia giudiziaria, e quindi potranno muoversi solo su suo input (ovvero dell'esecutivo). Inoltre, il Csm sarà formato per 2/3 da laici e per 1/3 da togati, anche se a presiederlo sarà il capo dello Stato: una modifica dell'ultima ora, inserita per compiacere Napolitano ma anche nella prospettiva di un Berlusconi al Quirinale. In ogni caso, ai due Csm saranno vietati atti di indirizzo politico, mentre è stata ripristinata la possibilità di esprimere pareri sui ddl del governo, ma solo su richiesta del ministro. Il cui potere ispettivo viene costituzionalizzato, così come il compito di riferire ogni anno in Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

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