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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2011 alle ore 06:36.

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La pressione speculativa dei mercati sul Portogallo non accenna a diminuire. Ieri l'asta di titoli a due anni per un importo di un miliardo di euro ha segnato rendimenti in sensibile rialzo, passati dal 4,086% della precedente emissione di settembre al 5,993% ma, soprattutto, una domanda in preoccupante calo (mentre il rendimento sui titoli decennali italiani ha raggiunto un massimo del 5,03%, per la prima volta da novembre 2008, per poi attestarsi al 5%).

Quanto basta per alimentare nuovamente le tensioni e per far ritenere un salvataggio esterno, ormai imminente. Questo livello di tassi (quello a 10 anni ha toccato un nuovo record al 7,70%) è ritenuto difficile da sostenere, oltre che di non ritorno a una situazione di normalità. Specie, se si tiene conto delle difficoltà economiche del Portogallo, della sua scarsa competitività e quindi del problema di fare rientrare l'ingente debito esterno. Un intervento europeo potrebbe essere in agenda già con la fine di marzo.

Il primo ministro Josè Socrates continua a gettare acqua sul fuoco degli speculatori, dichiarando che il Portogallo ce la può fare a risolvere i suoi problemi da solo, che non è necessario alcun intervento esterno e che un piano di salvataggio, «danneggerebbe il prestigio del paese».

La situazione è di wait and see. Le misure di carattere straordinario varate dal governo negli ultimi mesi non sembrano aver dato la scossa necessaria per rilanciare il paese. La politica di austerity, ha frenato ancora di più i consumi.

L'Europa, ma soprattutto la Spagna, preoccupata per un eventuale contagio, guardano dunque da vicino l'evolversi della crisi del Portogallo. Madrid sta cercando di riconquistare la fiducia dei mercati. Oggi la Banca di Spagna renderà noto l'ammontare del fabbisogno di cui necessita il sistema creditizio per il suo definitivo risanamento. La cifra indicativa dovrebbe essere inferiore ai 20 miliardi di euro.

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