Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2011 alle ore 09:32.

My24
L'alto prezzo della «no-fly zone»L'alto prezzo della «no-fly zone»

Barack Obama non vuole cadere nella trappola libica. L'esitazione è strategica. Le decisioni affrettate, del resto, non sono suo costume. Dopo l'imbarazzo iniziale, il presidente americano ha detto che «Gheddafi se ne deve andare». Il problema è che non ha spiegato come farà rispettare l'ordine. La situazione è confusa. I segnali sono contraddittori. Le opzioni a disposizione molteplici.
Immaginare le prossime mosse è impossibile. Alcune indiscrezioni raccontano di pianificazioni militari in corso.

Altre spiegano che la Casa Bianca è riluttante a intervenire all'estero, specie in un quarto paese islamico (dopo Iraq, Afghanistan e Pakistan). Il Washington Post scrive che Obama sta lavorando dietro le quinte per lasciare agli europei, Francia e Gran Bretagna in testa, l'iniziativa politica alle Nazioni Unite e per un'eventuale operazione militare. Se ci riuscisse sarebbe un capolavoro politico, ma i precedenti non sono incoraggianti.

I falchi democratici e repubblicani ne sono consapevoli e consigliano un intervento a fini umanitari. I realisti e gli isolazionisti di sinistra e di destra invitano a starne alla larga. Tra gli esperti c'è una leggera inclinazione a favore della no-fly zone sui cieli libici, una misura presa da Bush senior per controllare il cielo al nord e al sud dell'Iraq e da Bill Clinton per la Serbia.

Il Dipartimento di stato aspetta un'iniziativa europea, l'autorizzazione Onu, l'ok della Nato e il lasciapassare della Lega Araba. Il Pentagono avverte che non è una passeggiata, ma una vera operazione militare. Il portavoce della Casa Bianca dice che tra le opzioni in discussione c'è anche la fornitura di armi agli insorti, ma il Pentagono nega. I giornali scrivono che l'aviazione e la contraerea di Gheddafi sono un avversario serio, al contrario di Saddam.

Gli analisti James Thomas e Zachary Cooper suggeriscono sul Wall Street Journal una versione minimalista della no-fly zone, un blocco navale proposto anche dall'Italia che resti a distanza, al largo, ma capace di controllare lo spazio aereo libico con navi, aerei e missili dislocati in acque extraterritoriali.

Il Center for Strategic and Budgetary Assessments (Csba) di Washington, un centro studi indipendente che analizza le strategie di difesa, ha calcolato i costi della no-fly zone. Il think tank ha individuato tre tipi di blocco dei voli. Un controllo del cielo esteso a tutto il territorio libico, uno limitato a quel terzo di Libia a nord del ventinovesimo parallelo e una terza opzione minimale a protezione della costa libica con navi e aerei fuori dai confini libici.

Incrociando l'analisi con i dati del Servizio studi del Congresso e delle operazioni militari precedenti, gli analisti del Csba hanno stimato il costo settimanale della prima ipotesi (no-fly zone completa) tra 100 e 300 milioni di dollari a settimana. La no-fly zone limitata costerebbe tra 30 e 100 milioni a settimana. In entrambi i casi sarebbe necessario bombardare una serie di obiettivi militari sul terreno per indebolire la contraerea libica. In base al numero di target da colpire, il costo iniziale della no-fly zone completa sarebbe tra 500 milioni e un miliardo di dollari. Nel caso di no-fly zone limitata il costo scenderebbe tra 400 e 800 milioni.

Il blocco navale, invece, può essere attuato senza l'attacco iniziale. A settimana costerebbe tra 15 e 25 milioni. Per una campagna di sei mesi servirebbero tra 3,1 e 8,8 miliardi per la no-fly zone completa, tra 1,18 e 3,4 miliardi per l'ipotesi limitata e tra 390 e 650 milioni di dollari per il pattugliamento navale. Ma non saranno i costi a dettare la linea.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi