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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2011 alle ore 08:13.

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PARIGI - La polizia lo ha catturato all'aeroporto parigino di Roissy. Sì, Dominique Gevrey, un ex della sicurezza militare francese, ormai al servizio di Renault, stava cercando di fuggire all'estero. Ieri è stato fermato anche l'altro responsabile della sicurezza interna della casa automobilistica, Marc Tixador, già poliziotto specializzato negli affari finanziari. Entrambi avevano puntato il dito contro tre alti dirigenti di Renault, accusati di aver passato segrete informazioni tecniche sulle future vetture elettriche a un fantomatico concorrente cinese. Un caso di spionaggio industriale, che, però, potrebbe rivelarsi un'imbarazzante bufala.
Gevrey e Tixador erano già stati interrogati nei giorni precedenti dagli agenti della Dcri, i servizi segreti interni francesi, rifiutandosi di rivelare la fonte delle loro accuse. Queste si fondano sull'esistenza di tre conti bancari, attraverso i quali sarebbero transitati i soldi (fra 50 e 60mila euro) destinati ai tre manager, tutti insospettabili, al lavoro nel Technocentre, la roccaforte tecnologica alle porte di Parigi, dove Renault mette a punto le proprie innovazioni. Si tratterebbe di un conto aperto in Svizzera nel marzo 2009 e di un secondo esistente in Liechtenstein dal febbraio 2010, il quale a sua volta ne alimenterebbe un terzo. Ma l'intelligence finora non ne ha trovato traccia.

L'affaire ha cominciato a "puzzare" da giorni. La direzione di Renault ha ammesso di avere sborsato 250mila euro per ottenere quelle informazioni. Pagati a chi? Quale il ruolo dei due responsabili interni della sicurezza? Patrick Pelata, numero due del gruppo, dietro a Carlos Ghosn, ha ammesso «una possibile manipolazione». E, a questo punto, non si esclude una parte attiva nella possibile truffa dei due uomini fermati ieri.

Lo scandalo era scoppiato all'inizio del 2011. I tre sospettati erano stati immediatamente esclusi dalle loro competenze e poi licenziati. Renault ostentava all'inizio sicurezza e determinazione. A metà gennaio il gruppo ha presentato un ricorso presso la giustizia che ha avviato a sua volta la sua inchiesta. I tre, però, hanno continuato a difendersi e a negare le accuse di spionaggio e corruzione, ricevendo l'appoggio dei colleghi del Technocentre.

Anzi, proprio ieri uno dei tre sospettati, Bertrand Rochette, particolarmente battagliero, ha indirizzato un'ingiunzione allo stesso Nicolas Sarkozy per ottenere la documentazione relativa al ricorso presentato da Renault: in sostanza, per capire bene su quali pezze d'appoggio si basano le accuse. Come indicato dal suo avvocato difensore, mediante l'ingiunzione Rochette chiede a Sarkozy e pure al ministro della Giustizia, Michel Mercier, di ordinare al procuratore di Parigi, Jean-Claude Marin, di consegnargli copia del fascicolo. «In caso contrario il mio cliente li riterrà colpevoli a suo pregiudizio – ha sottolineato il legale Christian Charrière-Bournazel - di un impedimento al diritto a difendersi».

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