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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2011 alle ore 07:49.

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Un'altra esplosione distruttiva, ieri alle tre della mattina italiana, nella centrale atomica giapponese di Fukushima. E c'è la certezza che l'uranio si stia sciogliendo per il calore dentro ai tre reattori in crisi.
Quale soluzione? C'è ancora speranza di raffreddare i tre cuori bollenti dell'impianto. Finché sono roventi e con la reazione nucleare in corso, non si può smantellare. Il Giappone ha chiesto al mondo un aiuto tecnico per cercare di risolvere la situazione bollente che minaccia di aggiungere una tragedia alla tragedia.

Di certo la Tepco – la compagnia elettrica di Tokyo che gestisce la centrale – dà per persi i tre reattori che sperava di serbare per la ripresa della produzione. Ormai sono irrecuperabili, con costi stimabili sul miliardo di euro l'uno. Le azioni della Tepco sono cadute del 24 per cento.

La fusione delle barre di uranio è un evento di forte impatto emotivo ma è soprattutto un problema tecnico, poiché rende difficili le operazioni di messa in sicurezza dell'impianto e apre la strada a nuovi – e si spera non catastrofici – eventi.

La centrale di Fukushima si trova sulla riva del mare e ha sei reattori ad acqua bollente della General Electric Hitachi, di cui tre erano fermi per lavori. Venerdì la grande onda ha investito l'impianto, spazzando tutto ciò che stava a ridosso della costa ma senza distruggere la centrale solidissima, costruita negli anni 70. Ma lo tsunami ha devastato i gruppi elettrogeni che alimentavano il sistema di raffreddamento dei reattori: il surriscaldamento che ne è derivato è all'origine dell'incidente che si prefigura come assai più grave di quello celebre di Three Miles Island (Pennsylvania 1979, si fuse il 60% del combustibile nel nocciolo) ma infinitamente meno catastrofico della tragedia di Cernobyl (Urss, Ucraina, 1986, esplosione del reattore non corazzato).

Che è accaduto? Si cerca di raffreddare i tre reattori che friggono perché non possono sfogare il calore. Bisogna iniettare nel vessel acqua fredda, acqua di mare mescolata con boro. Il vessel è la colossale ghianda di metallo (spessore, 16 centimetri di acciaio speciale rivestito da uno strato di inox) nel quale ci sono le barre di uranio. Ogni barra è un fascio largo 13 centimetri formato da 72 tubi di lega allo zirconio alti 4 metri e del diametro di un centimetro in ciascuno dei quali sono impilate 350 pastiglie di uranio.

La temperatura, per l'avaria ai generatori, è salita. Sulla superficie delle barre sono stati raggiunti presto i mille gradi, ma nel cuore della barra si superano i 1.900 gradi, temperatura alla quale l'uranio diventa molle e si scioglie. Urgente raffreddare la reazione. Ma l'acqua all'interno, la quale controlla e modera la reazione atomica, è talmente calda che la pressione del vapore impedisce di pompare acqua fredda all'interno della "pentola a pressione".

Per alleggerire la pressione, la Tepco ha ottenuto all'autorità nucleare di poter sfiatare in atmosfera piccole dosi di acqua radioattiva, a patto di sfollare gli abitanti della zona, così da poter pompare acqua fresca dentro al cuore del reattore.

Ma in particolari condizioni l'acqua vaporizzata, in presenza di metalli e di temperature intense, si divide negli elementi costitutivi, l'idrogeno e l'ossigeno.

Così quando sabato hanno cominciato a sfiatare il vapore dal reattore 1, è uscito idrogeno mescolato con ossigeno: una miscela esplosiva che è scoppiata devastando la copertura esterna, non blindata. Lo stesso fenomeno si è ripetuto ieri al reattore numero 3: sei i feriti tra i dipendenti e i contrattisti della centrale. Però così è stato possibile immettere acqua fredda nel nocciolo.

Al tempo stesso, l'uscita di vapori e gas ha abbassato il livello dell'acqua. Già nei reattori 1 e 3 si era manifestato il problema: dove le barre restano all'asciutto la reazione nucleare s'infiamma e si fonde la parte scoperta, mentre il raffreddamento diventa più difficile. Nel reattore numero 2, invece, l'uscita del vapore non ha prodotto esplosioni, ma ha abbassato moltissimo il livello dell'acqua, avviando lo scioglimento accelerato dell'uranio.

Le nuvole sfiatate dai tre noccioli hanno alzato il livello della radioattività. Negli istanti più drammatici, a ridosso delle nuvole liberate dai tre reattori sono stati rilevati più di 3mila microsievert, ma si tratta di una radioattività che si degrada con rapidità, e in genere sono stati raggiunti i 20 microsievert l'ora. È un livello da evitare, 400 volte la radioattività del fondo naturale, ma non pericoloso. Sono state sfollate più di 200mila persone nei 20 chilometri attorno alla centrale ed è stato somministrato loro lo iodio in pastiglie in modo da "intasarne" la tiroide ed evitare che venga assorbito iodio radioattivo. Leggeri scostamenti di radioattività sono stati osservati sulla portaerei atomica Uss Reagan, distante 180 chilometri, che era intervenuta per i soccorsi ai disastrati.

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