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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2011 alle ore 10:50.

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«La Cirenaica è ormai di nuovo quasi completamente nelle mani di Tripoli» e Gheddafi non può essere mandato via. E' la «presa d'atto» della comunità internazionale di fronte all'evoluzione pro-rais della crisi libica, come riferisce il ministro degli Esteri Franco Frattini nella sua audizione al Senato. E se è probabile che il leader libico rimarrà al potere, a questo punto si potrebbe andare verso «la prospettiva di un isolamento internazionale, politico ed economico». Il titolare della Farnesina ha osservato che «la propaganda anti-italiana è stata sempre utilizzata da Tripoli»: «Noi dobbiamo mantenere il sangue freddo e fare quello che in questo momento è giusto fare», favorendo «processi politici, non bellici, che portino verso una nuova Libia».

La conferma del probabile vertice fra Ue, Lega Araba e Unione Africana
Per Frattini, «ciò che in queste ore a Bengasi si respira è il sentimento di una comunità internazionale che ha fatto grandi annunci e che non sta traducendo questi grandi annunci in grandi azioni: non azioni di guerra perché non avremmo potuto consentirle, ma neanche azioni di aiuto umanitario concreto. Lo so che la zona è rischiosa - ha rilevato il ministro degli Esteri - però l'aiuto umanitario o lo si porta nelle zone pericolose o è inutile e noi ad orgoglio dell'Italia lo abbiamo fatto». Nel corso dell'audizione, Frattini ha detto anche che «nei prossimi sette giorni» ci sono «buone prospettive di organizzare un vertice tra Unione europea, Lega Araba e Unione Africana» che possa «favorire l'adozione in Consiglio di sicurezza di un pacchetto di misure che includa il cessate il fuoco».

Frattini ha inoltre sottolineato che «l'Italia è stata finora il primo ed unico Paese europeo a portare aiuti a Bengasi. Vi erano annunci e proclami di vario genere nei confronti degli interlocutori di Bengasi, noi abbiamo ritenuto di rispettare per convinzione ciò che il Consiglio europeo ha deciso, cioé considerare l'opposizione di Bengasi come un interlocutore politico. Abbiamo deciso la riapertura del Consolato - ha ricordato Frattini - abbiamo avuto contatti con Bengasi, abbiamo portato aiuti alimentari e umanitari, abbiamo aiutato la missione europea dell'alto rappresentante o, meglio, del suo delegato l'ingegner Miozzo a Bengasi come missione sul terreno. Evidentemente - ha sottolineato - non abbiamo visto guardandoci intorno per Bengasi molte altre bandiere di Paesi che finora avevano dichiarato grande sostegno all'opposizione di Bengasi».

Frattini ha poi aggiunto che una «missione di alto livello» inviata dal ministero degli Esteri ha incontrato a Bengasi il Consiglio di transizione creato dall'opposizione al regime di Muammar Gheddafi, «che ci ha presentato le sue richieste». «Non abbiamo dato le armi, abbiamo incontrato il Consiglio di Bengasi che ci ha presentato le sue richieste - ha sottolineato il ministro - non possiamo pensare di mandare le armi, ma certamente continueremo a mandare aiuti».

L'ad di Eni Paolo Scaroni: «Interrotta la produzione di petrolio, difficile dire quando riprenderà»
All'audizione ha partecipato anche l'ad di Eni, Paolo Scaroni, che ha annunciato come la compagnia abbia al momento interrotto la produzione di petrolio in Libia. Lo abbiamo fatto «anche per problemi nelle spedizioni», ha detto Scaroni, per il quale Eni al momento «produce gas per le popolazioni locali, per uso domestico. Abbiamo tre centrali nella zona di Tripoli. Questa è un'attività importante per le popolazioni locali», ha detto.
«La Libia è al sommo delle nostre preoccupazioni - ha continuato Scaroni - ma vorrei togliere dal vocabolario una parola: noi non trattiamo con il governo libico, ma con la National company (Noc) con cui facciamo i contratti. Non abbiamo rapporti con il governo, ma con questa entità», ha ripetuto, aggiungendo che «questo ci mette al riparo da tutta una serie di problemi che potremmo avere nel trattare con un governo che al momento non viene riconosciuto da nessuno».
Libia a parte, «sul resto del Nordafrica non registriamo e non vediamo problemi», ha assicurato l'ad di Eni: «Siamo primi in Egitto, Algeria, Libia, e coprimi in Tunisia. In Egitto la rivoluzione è avvenuta senza che perdessimo un solo barile di petrolio. In Algeria e Tunisia è tutto normale».
E alla domanda su quando potrà ripartire la produzione di gas in Libia, Scaroni ha risposto che è difficile dirlo: «Da un punto di vista tecnico domani mattina, però dobbiamo essere certi di fare un'attività che non sia oggetto di sanzioni, e oggi non ne siamo certi. Che poi le sanzioni si traducano nel spararci una fucilata nel piede... stiamo a vedere che cosa succederà».

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