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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2011 alle ore 19:17.

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MILANO - Solo dopo la lezione civica di Roberto Benigni sull'inno di Mameli, molti italiani hanno capito che la perfezione poetica del verso «stringiamci a coorte» sta in quella parola spesso erroneamente pronunciata come «stringiamoci». Gli immigrati di tutto il mondo riuniti ieri nel cuore di Milano per festeggiare i 150 anni dell'unità d'Italia hanno tenuto a scandire correttamente quel verbo, quasi a prova del loro impegno per l'integrazione. Sono loro i nuovi italiani e lo hanno dimostrato festeggiando il tricolore insieme ai milanesi.

La manifestazione, organizzata da associazioni e comunità che quotidianamente operano al servizio dell'integrazione, con il patrocinio delle istituzioni, ha messo al centro la Costituzione italiana. Molti dei partecipanti, circa 500 secondo gli organizzatori, da due anni seguono un corso sulla Costituzione italiana appositamente organizzato per gli immigrati. «È apprezzabile l'impegno di queste persone che scelgono di dedicare il sabato allo studio del nostro Paese», dice Giorgio Del Zanna, operatore della Comunità di Sant'Egidio, uno degli enti promotori.

Uno dopo l'altro, sono i rappresentanti di 57 Paesi a leggere i primi articoli della Costituzione, prima in italiano e poi nella loro lingua d'origine. «L'articolo che ho scelto, il 9, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Fin da bambino ho sognato l'Italia e sono orgoglioso ora di viverci», dice Medo, egiziano di 28 anni. Confessa di non essere in possesso di un permesso di soggiorno, del quale ha fatto richiesta. Poi chiarisce di essere laureato in Relazioni Pubbliche. «E mia sorella è dottoranda a Shanghai. Per il futuro spero di vivere e lavorare onestamente in Italia, magari costruirmi una famiglia. Sono il primo a patire un'illegalità che mai vorrei e che danneggia innanzitutto noi immigrati volenterosi». Anche per chi ha superato lo scoglio della burocrazia, la vita non è semplice. «I miei bambini, soprattutto il maschietto che ha la pelle più scura, hanno subìto discriminazioni. Mi sono battuta con ogni sforzo perché crescessero sereni, ora le cose vanno meglio». A parlare è Geovana Clea, pittrice brasiliana, uno dei casi di integrazione dei quali l'Italia può andare fiera. Geovana è sposata con un lodigiano e dipinge «per restituire all'umanità l'amore per la vita che la mia cultura d'origine insegna». Geovana ha letto l'articolo 4 che tutela il diritto al lavoro e afferma il dovere di «svolgere un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Una donna venezuelana legge l'articolo 6 e un uomo senegalese il 7. Per l'articolo 8 il Paese rappresentante è l'Italia, e a recitarlo in perfetto italiano sale sul podio una ragazza dai tratti mediorientali: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge».

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