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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2011 alle ore 09:24.

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Nella foto il caccia francese Dassault RafaleNella foto il caccia francese Dassault Rafale

Il generale Norton Schwartz, comandante delle forze aeree statunitensi, ha quantificato in una settimana il tempo necessario per organizzare il dispositivo aereo di una no-fly zone sulla Libia. Una tempistica necessaria a far affluire navi e aerei nel Mediterraneo, pianificare nei dettagli i settori dello spazio aereo libico assegnati ai diversi reparti e deviare il traffico civile dalla zona interdetta e dalle aree adiacenti. La Risoluzione 1973 prevede anche l'inasprimento dell'embargo sulle armi e la difesa della popolazione, provvedimenti che richiederanno la disponibilità di forze navali (l'Italia schiera nel Canale di Sicilia quattro navi ed è in arrivo la portaerei Garibaldi) e di aerei da attacco al suolo che affianchino gli intercettori impegnati nella no-fly zone. L'operazione potrebbe essere gestita dalla Nato (quasi tutti i paesi coinvolti ne fanno parte) che ha ammesso di aver quasi completato i piani per entrare in azione. Non è ancora chiaro se l'attivazione della no-fly zone verrà preceduta da incursioni contro le difese aeree libiche, come aveva anticipato nei giorni scorsi il segretario alla Difesa statunitense, Robert Gates, o se verrà usata la forza solo in risposta a eventuali reazioni libiche.

La coalizione
La gran parte dei jet sono messi in campo da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna ma contributi sono stati assicurati anche da Canada, Spagna, Danimarca, Norvegia e Italia che ha già ricevuto richieste per mettere a disposizione degli alleati sette basi aeree: Amendola e Gioia del Colle in Puglia, Sigonella e Trapani in Sicilia, Aviano in Friuli, Decimomannu in Sardegna e Pantelleria. Ad Aviano è schierata una settantina di jet statunitensi F-16 che, insieme alla cinquantina di F/A-18 imbarcati sulla portaerei Enterprise e ad altri velivoli schierati a Sigonella (base dei teleguidati a lungo raggio Global Hawk), costituiscono il contributo statunitense alla guerra contro la Libia. Londra ha già predisposto il trasferimento di caccia Typhoon e bombardieri Tornado in un luogo non precisato che potrebbe essere un aeroporto italiano o la grande base della Royal Air Force di Akrotiry, a Cipro.

I Rafale francesi possono operare direttamente dalle basi del sud e in Corsica ma è possibile l'impiego anche della portaerei De Gaulle. L'Italia schiera i caccia F-16 e Typhoon con i bombardieri Tornado del 50° Stormo di Piacenza specializzati nella distruzione dei radar da difesa aerea, il cui impiego è stato ventilato dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Possibile anche un ruolo per i cacciabombardieri Harrier imbarcati sulle due portaerei italiane. Dalle nostre basi opereranno forse gli F-16 danesi e norvegesi e gli F-18 e Typhoon spagnoli mentre non è stato ancora chiarito il contributo dei paesi arabi che hanno aderito all'operazione contro Gheddafi: Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Un ruolo di rilievo potrebbero avere anche la base statunitense di Suda Bay, a Creta, e quella italiana di Lampedusa dove potrebbero schierarsi anche gli elicotteri armati destinati a recuperare eventuali piloti abbattuti sui cieli libici. Le basi più arretrate potrebbero invece essere utilizzate dai velivoli radar Awacs (forniti dalla flotta della Nato o da anglo-americani e francesi) e dai tanker necessari ad aumentare l'autonomia dei velivoli.

Blitz preventivo
Un attacco preventivo teso a demolire le difese aeree di Gheddafi verrebbe attuato con aerei da guerra elettronica e bombardieri dotati di missili antiradar per impedire le comunicazioni e accecare i libici. Aerei da attacco abbatterebbero al suolo i pochi jet operativi di Gheddafi (forse una trentina tra Sukhoi 22/24, Mig 21/23, Mirage F-1 e altrettanti elicotteri da attacco Mi-24) e le batterie antiaeree che dispongono di circa 150 vecchi missili SA-2/3/6 e alcuni SA-5 con un raggio d'azione compreso tra 24 e 300 chilometri, sulla cui efficienza esistono molti dubbi. Disponibili molti missili antiaerei portatili a corto raggio mentre i missili balistici Scud dovrebbero essere stati smantellati negli anni scorsi.

Gheddafi nel mirino?
Le forze del raìs non sembrano in grado di opporre una seria resistenza nei cieli e sul mare dove le uniche minacce provengono dai missili antinave italiani Otomat recentemente rimodernati e imbarcati su sei/sette motovedette Combattante. Il sottomarino statunitense Providence dispone di missili da crociera Tomahawk con i quali colpire obiettivi protetti come il comando militare a Tripoli e lo stesso bunker di Gheddafi, attaccabile anche dal cielo con speciali bombe a penetrazione.

Raid aerei
La sola no-fly zone potrebbe non influire sullo scontro tra governativi e ribelli sia perché si tratta di un conflitto prettamente terrestre sia perché Tripoli ha ordinato il cessate il fuoco per non offrire giustificazioni alle incursioni. Eventuali raid contro le truppe fedeli al raìs comportano non pochi rischi incluso quello di provocare "danni collaterali", cioè di colpire inavvertitamente la popolazione, specie ora che il confronto tra ribelli e le truppe del raìs pare concentrato nei centri urbani.

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