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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2011 alle ore 13:01.

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In Egitto si vota il referendum per cambiare la costituzioneIn Egitto si vota il referendum per cambiare la costituzione

Alla vigilia del voto referendario sulla costituzione un'altra testa del passato regime "rotola" in piazza Tahrir. Il procuratore generale egiziano ha stabilito una custodia cautelare di 15 giorni per l'ex ministro dell'Interno Habib El Adly, l'anima nera del regime, con l'accusa di avere ordinato di sparare sui dimostranti a piazza Tahrir nei primi giorni della rivolta del 25 gennaio. I morti si pensa siano stati tra i 160 e i 300 ma nessuno cifra ufficiale è ancora mai stata diffusa.

A 36 giorni dalla fine del regime trentennale del "faraone" Hosni Mubarak gli egiziani sono chiamati ai seggi oggi per esprimersi sugli emendamenti "cosmetici", per il fronte del "no", sostanziali per i militari e i Fratelli musulmani, alla Costituzione peraltro finora "dormiente".

Quarantacinque milioni di egiziani potranno dire «sì» o «no» al pacchetto di nove emendamenti in blocco, che intervengono su altrettanti articoli della Costituzione, in particolare quelli riguardanti la durata del mandato presidenziale, le caratteristiche del capo dello stato e le modalità per candidarsi e qualche stravaganza come la nazionalità del coniuge del presidente, dato che la precedente, una sorta di Maria Antonietta egiziana per il popolo, era mezza britannica. Il referendum non avrà quorum e potranno votare tutti gli egiziani maggiorenni presentando semplicemente la carta d'identità senza bisogno del certificato elettorale (ognuno potrà votare dove vuole, con le conseguenze facilmente immaginabili).

L'aspetto organizzativo è una grande novità rispetto alle precedenti consultazioni, segnate da un'affluenza bassissima, anche per la difficoltà di ottenere i certificati elettorali in un paese in cui il 40% della popolazione è analfabeta. Altra novità è che saranno ammesse Ong straniere a monitorare il voto (come? resta però un mistero senza certificato elettorale) e ritorneranno i magistrati a supervisionare le operazioni ai seggi.

Mentre si moltiplicano gli appelli a recarsi al voto, dal Consiglio supremo dello forze armate, guidato dal maresciallo Hussein Tantawi, che ha indetto il referendum, fino al mufti d'Egitto, il dibattito è stato serrato fino a ieri notte a favore del sì o del no.

A favore si sono pronunciati solo i Fratelli musulmani (certi che un sì li porterebbe al voto a breve e a un forte vittoria visto che sono l'unico partito di opposizione realmente organizzato sebbene al bando dl 1954) e lo schieramento politico dell'ex rais, il Partito nazionale democratico, la cui sede è ancora vuota e devastata dietro il Museo Egizio dopo l'incendio appiccato al palazzo nei giorni della rivolta. Sul fronte del no si sono già attestati i movimenti della rivoluzione, i partito all'opposizione all'epoca di Mubarak, come il Wafd di Al-Sayed Al-Badawy, il Ghad (Domani) di Ayman Nour, il partito di sinistra del Tagammu, i nasseriani. No anche dai potenziali candidati alla presidenza come Mohamed el Baradei, ex governatore dell'Aiea a Vienna e Amr Mussa, ex ministro degli Esteri e ora segretario generale della Lega Araba, il cui palazzo da proprio su piazza Tahrir, ombelico del mondo egizio. Schierati per il no anche i copti, soprattutto in funzione anti Fratelli musulmani, che chiedono invece l'abolizione dell'articolo 2 della Costituzione, quello che indica nella sharia la legge ispiratrice della legislazione egiziana. Per i Fratelli musulmani, guidati da Mohamed Badie, è impensabile che il presidente, per loro anche capo della preghiera, possa essere un non musulmano.

Dopo il referendum, hanno fatto sapere le forze armate, verranno tolte le restrizioni esistenti alla formazione di partiti politici. Se ne annunciano di nuovi, ma il più forte e organizzato sul territorio rimane quello dei Fratelli musulmani, tuttora illegale in Egitto, che pur negando di voler correre per le presidenziali, punta a un buon risultato alle legislative, dove è dato al 35%. I sondaggi (da prendere con cautela) danno un vantaggio a favore del no. La soluzione più probabile anche dal presidente del comitato di supervisione del referendum Mohamed Atteya è quella di una dichiarazione costituzionale temporanea (un decreto) del Consiglio supremo militare, che consenta di organizzare le tappe future della transizione verso la democrazia.

Intanto l'Unione europea ha annunciato che congelerà i beni di Mubarak e di altre 18 persone, tra fedelissimi del vecchio regime e membri della sua famiglia. L'accordo è stato raggiunto a Bruxelles dagli ambasciatori dei 27 paesi membri e verrà ratificato lunedì nel summit dei ministri degli Esteri.

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