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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2011 alle ore 17:30.

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Totti, fenomenologia di un predestinato tra rigori a cucchiaio e spot da guascone (Olycom)Totti, fenomenologia di un predestinato tra rigori a cucchiaio e spot da guascone (Olycom)

Un giorno, c'è da scommetterci, sarà scritta una dotta fenomenologia su Francesco Totti. Una fenomenologia che farà epoca, come quella di Umberto Eco su Mike Bongiorno. Ma chi è davvero Francesco Totti? Quello antipatico e strafottente (per chi non è giallorosso, si intende) che si ciuccia il dito dopo ogni goal, restando impalato come un gladiatore avanguardista? O quel tipo strambo e un po' tontolone che impazza nella pubblicità attirandosi l'istintiva simpatia di grandi e piccini? Un mistero mediatico, a pensarci bene. Bisognerebbe proprio domandarlo al professor Eco.


Il "Capitano" è una delle ultime bandiere del calcio italiano. Il mito vivente della Magica, di cui ha scritto, tra alti e bassi, scudetti e gravi incidenti, gli ultimi 18 anni. L'ultimo baluardo di una romanità minacciata dall'imminente avanzata dei nuovi proprietati americani. A proposito di romanità e d'America (con cordata statunitense capeggiata da Thomas R. DiBenedetto), visto che siamo in tema di amarcord, chissà cosa ne penserebbe Alberto Sordi di questa scalata a stelle e strisce. I tifosi della curva Sud, naturalmente, si riconoscono e si riconosceranno solo nella tradizione calcistica del "Capitano".


Che non li lascerà soli. L'ha già promesso. Così come ha promesso che continuerà a segnare per il club capitolino. Oggi è arrivato a quota 201 (e Sky gli dedicherà uno speciale con la carrellata di tutte le reti). Il primo pallone scagliato in una porta di serie A è stato in una partita contro il Foggia il 4 settembre 1994.


Ma Totti ha calcato i campi di calcio sempre da predestinato. Nato il 27 settembre 1976 nel quartiere Appio Latino, nei pressi di Porta Metronia, la sua prima squadra è stata la Smit Trastevere, dove giocava, due anni sotto età, nel campionato esordienti. Nel 1986 è passato alla Lodigiani. A 13 anni, siamo nell'89, entra nelle giovanili della Roma. La sua trafila tra allievi e primavera è stata un crescendo inarrestabile, fino all'esordio da titolare in prima squadra il 27 febbraio 1994 contro la Sampdoria. Idem la carriera in nazionale, coronata, dopo qualche fallimento e qualche caduta di stile (vedi sputo al danese Poulsen a Euro 2004), dalla straodinaria notte di Berlino nell'estate 2006 (indimenticabile il rigore calciato dritto nel sette nel cambattutissimo ottavo di finale contro l'Australia, così come fu celebre il rigore a "cucchiaio" con cui irrise il gigantesco portiere dell'Olanda nella semifinale degli europei 2000).


Ma il successo che Totti si porterà sempre nel cuore è lo scudetto del 2001.
Una gioia che gli infortuni e le operazioni chirurgiche degli ultimi anni, come i ripetuti secondi posti alle spalle dell'Inter, non potranno scalfire. Perché vincere con la maglia della squadra della tua città non ha prezzo. E Totti non ha mai ceduto a lusinghe e a offerte stratosferiche pur di restare a Roma e compiere il suo percorso sportiva nella città eterna. Come eterno forse gli appare il suo talento. Forse giusto per fare un dispetto ai molti che lo hanno più volte dato per spacciato, puntando il dito contro le sue gambe zeppe di chiodi e la cartà d'identità che inzia a ingiallirsi. Totti l'antipatico non molla e si gode ancora la bile che fa scorrere nel fegato degli avversari suggendo il pollice e indicando il cielo con l'altro, dritto sulle gambe. Tanto c'è quell'altro che fa sorridere con i suoi libri di auto-barzellette (per rovesciare risate sui suoi dileggiatori) e in tv, recitando ormai da consumato comico con la sua Ilary, partner ideale di entrambi i palcoscenici.
"È normale che…" è il refrain che scandisce le sue interviste. Eppure l'unica cosa certa è che Totti non è mai stato un tipo "normale". Paradossi della semantica. Chissà cosa ne pensa il professor Eco.

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