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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2011 alle ore 09:26.
In Siria nel mese di febbraio si verificano piccole manifestazioni di protesta. Tra le richieste, c'è la revoca dello stato di emergenza che è ininterrottamente in vigore da 48 anni. La tensione sale il 6 marzo quando un gruppo di adolescenti viene arrestato nella città di Deraa per aver scritto sui muri slogan contro il regime di Bashar al-Assad, succeduto nel 2000 al padre Hafez.
Da quel giorno la partecipazione alle manifestazioni si fa più numerosa. Il 18 marzo le forze di sicurezza reagiscono con particolare durezza. Si contano sei morti tra i dimostranti. Il regime di Damasco si trova a fronteggiare proteste di portata inedita. A Deraa e in altre città continuano le manifestazioni. Il governo decide di rilasciare i ragazzini arrestati e licenzia il governatore della provincia. Nei giorni successivi in varie zone del paese compresa la capitale Damasco, ma soprattutto nella zona di Deraa, si susseguono le proteste antiregime. Ci sono altri morti, altri feriti e altri arrestati. I funerali delle vittime raccolgono migliaia di partecipanti e sono occasione di nuove dimostrazioni, in cui si scandisce lo slogan "Libertà, libertà".
Il 29 marzo il governo, in carica dal 2003, si dimette sotto la pressione proveniente dalla piazza. Il 3 aprile il presidente Assad nomina un nuovo premier, l'ex ministro dell'Agricoltura Adel Safar, e lo incarica di formare un nuovo esecutivo. La protesta continua con nuovi scontri. A metà aprile, secondo diverse stime, il numero complessivo delle vittime dall'inizio delle proteste popolari oscillerebbe tra 150 e 200 morti. A numerosi arresti si alternano rilasci di gruppi di detenuti, nel tentativo di calmare la piazza. Assad fa balenare qualche riforma, tra cui la concessione della cittadinanza alla minoranza curda. Il 13 aprile migliaia di persone con bandiere bianche e rami di ulivo, tra cui molte donne e bambini, bloccano un'autostrada, chiedendo il rilascio di manifestanti antigovernativi recentemente arrestati.
Intanto la protesta raggiunge anche l'Università, con concentrazioni presso due degli Atenei più prestigiosi del paese, quello della capitale Damasco e quello dell'importante città di Aleppo. Nelle settimane successive la repressione dei moti antigovernativi si fa sempre più dura, ma la mano pesantissima del regime (che non esita a impiegare i carri armati per mantenere il controllo delle aree più turbolente) non riesce a spegnere i focolai di protesta che si estendono a molte città. I morti sarebbero ormai centinaia, molte migliaia le persone tratte in arresto o di cui i familiari hanno perso le tracce. A metà maggio, gli abitanti di Deraa hanno diffuso materiale video per dimostrare la scoperta di fosse comuni nella propria città, ma il governo di Damasco smentisce l'esistenza di tali sepolture. Il 18 maggio gli Stati Uniti, per fare maggiore pressione sulla Siria che continua a ignorare i moniti della comunità internazionale, hanno imposto sanzioni contro il presidente Assad e altri sei esponenti di punta del suo regime.
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